Femmineo emblema

Fiero e nobile portamento di dama
n’è ornata anima e delicato viso.
Intrisi son occhi di nero bagliore
cosmo sì cheto come culla di stelle.
Sublime in ritratto in toni di rosso
tramonterà sole ma non suo candore.
Intensa mente che pare ondeggiare
v’è nato oceano che forte a sé attrae.

© Vittorio Tatti

Fatale (parte 4 di 9+1)

Questo racconto è molto liberamente tratto dalla mia recente esperienza con la Musa; molto liberamente significa che è inventato al 90% e che rappresenta unicamente il mio punto di vista. Qualche paragrafo conterrà materiale VM18.

Parte 1 di 9+1
Parte 2 di 9+1
Parte 3 di 9+1

4

Sicuramente notasti l’iniziale freddezza nel mio modo d’interagire con te sui rispettivi blog. Ti assicuro che fu già tanto che continuai a farlo. Dovetti ricorrere a ogni piccolo appiglio emotivo anche solo per palesarmi a te. Ma tu continuavi come se niente fosse. E le foto di te e lui continuavano ad aumentare. La gente che vi seguiva cliccava sui cuori approvando moralmente la vostra indegna unione. Commentava come se dalla vostra felicità dipendesse anche la loro. Stolti viandanti che chiedevano ospitalità nella taverna che era anche l’alcova di piacere di un uomo e una donna che si amavano alla follia.
Trascorrevo le giornate sperando che prima o poi vi sareste lasciati, che forse saresti stata disposta a tradirlo con me, che forse un’auto l’avrebbe investito a morte e ti saresti rifugiata tra le mie braccia per essere consolata. Ma fu veramente ardua mantenere una parvenza di autocontrollo.
Come potevo fingere di non essere stato trafitto a morte dall’avvelenato dardo della gelosia? Come potevo essere felice della tua felicità con un altro, quando avrei voluto essere io a donartela? Tu e lui, quando nel mio cuore eravamo tu e me.
Inconsapevolmente riuscisti a ferirmi con la stessa amara intensità che si verifica in caso di un tradimento vero e proprio. Proprio così: nella mia fantasia mi sentivo tradito.

Facesti abilmente finta di niente, senza lasciare trasparire nulla della tua delusione. E dandomi l’impressione che non t’importasse niente del mio stato d’animo alterato. In un certo senso fu molto meglio così, perché non avevo il coraggio di affrontarti a viso aperto. Smisi di pubblicare poesie, anche se le scrivevo privatamente a mio uso esclusivo. Evidentemente, dentro di me, pensavo che potesse sortire l’effetto di una bambolina vudu.
Pochi giorni più tardi, dopo un periodo che definirlo infernale sarebbe stato un eufemismo, sentii il suono di una notifica provenire dal computer. Ero arrivato al punto che non vivevo più l’assillo di essere reperibile ogni secondo della giornata. Nemmeno da te. Soprattutto da te.
Mi avevi contattato in chat. Eh? Non era la notifica di un commento o di un mi piace. No, mi avevi deliberatamente cercato in contesto privato per una discussione in tempo reale, per saggiare le mie reazioni, per introdurti nei meandri dei miei pensieri.

In quel preciso istante dovetti sopprimere il forte impulso di ignorarti. Non riuscivo a rimanere impassibile di fronte alla tua nuova foto del profilo, maldestramente condivisa con quel demente del tuo sfrullattato. Avevo abolito la parola fidanzato dal mio vocabolario. Il mostro, da quel momento in poi, divenne lo sfrullattato.
Ti aveva costretto lui a pubblicarla o era stata una tua iniziativa? Perché gli consentivi di prendersi tante confidenze? Perché era il tuo sfrullattato, ovvio…
Schiumavo rabbia, espiravo gelosia, trasudavo veleno, radiazione, germe patogeno. Ti stavo odiando. Chi ha detto che odio e amore vanno spesso di pari passo avrebbe meritato il NOBEL.
Cincischiai. Il cursore si muoveva febbrilmente nella schermata perché la mia mano faticava a rimanere ferma sul trackball. I movimenti altamente imprecisi erano il chiaro sintomo della mia agitazione.
Non ero psicologicamente pronto a interagire con te. Una parte di me s’inabissò nelle oceaniche profondità della codardia, del rifiuto della realtà. Avrei voluto… Avrei non voluto…
Poi, in un impeto di coraggio, lessi il tuo messaggio.

[continua]

© Vittorio Tatti

Mia, Tuo

Mia Musa, mia Dea, mia Amata
mia Fantasia seducente
mia Luce abbacinante
mio Fiore inebriante
mio Ritratto imperioso
mia Poesia elegante
mio Cuore pulsante
mio Silenzio assordante
mia Beatrice dantesca
mia…

A Te, mia soave Musa
l’onore, il desiderio, la pretesa
di volermi donare un Tuo lindo pensiero
che infonda linfa vitale ai miei sogni
che mi accompagni in ogni istante
che in qualche modo Ci unisca
che mi renda per sempre e solo Tuo.

© Vittorio Tatti