Nekojima – L’isola dei gatti

Il 2023 stato è un anno da dimenticare, brutto sotto alcuni aspetti e orribile sotto altri.
Quello peggiore è che sono morti tanti gatti, anche in casa.
Sono morti gatti malati che hanno avuto un tracollo rapido o che avevano già il destino segnato a causa di tumori vari.
Una gatta di circa 2 anni è stata addormentata prima che il tumore all’occhio la facesse morire lentamente di fame; non è stata una scelta facile, perché proprio quella mattina la gatta si è messa a giocare come non aveva mai fatto prima (sembrava che volesse farmi capire che non voleva andarsene…).
Un gatto di quasi 6 anni ha lottato coraggiosamente contro gli effetti debilitanti di FIV e FELV; è stato un tracollo lento e inarrestabile.
Un altro di 8 anni si è spento di notte a causa di un tumore inoperabile al naso; si sapeva che sarebbe successo, ma non quando.
Un gattino di un paio di mesi non è stato con me nemmeno un giorno: è arrivato all’indomani mattina morendomi davanti agli occhi a causa di un’infestazione da vermi.
E questo senza contare i tanti gatti e gattini senza ancora un nome investiti dalle auto in una situazione in cui io e le volontarie siamo praticamente stati boicottati da tutti: ente animalista, amministrazione comunale, privati e la persona stessa – ora deceduta – che se ne “prendeva cura” (tenendoli sempre in costante pericolo).
Uno dei pochi superstiti della cucciolata che sembrava essersi miracolosamente salvato è il gattino che poi mi hanno portato a casa quando era ormai troppo tardi.
E ultimamente sono morti altri gatti di colonia sbranati da cani lasciati incustoditi.

In questa zona di decerebrati non passa letteralmente giorno senza una segnalazione di cani scappati da casa che vagano indisturbati per il territorio.
Fosse solo quello il problema risolvi sequestrando il cane, multando il padrone e stop.
Invece i cani, quando li recuperano dopo tanti giorni, vengono restituiti agli illegittimi proprietari, che inevitabilmente finiscono per lasciarli nuovamente liberi.
C’è mancanza di responsabilità dei padroni e mancanza di controlli delle istituzioni.
C’è menefreghismo imperante da parte di tutti e nessun colpevole.
Poi dicono che è sbagliato farsi giustizia da soli…
Questa mentalità da contadini retrogradi viene applicata anche ai cosiddetti gatti padronali, che si ritrovano ad assaporare la libertà patendo la fame e il freddo o finendo sotto un’auto o, appunto, sbranati da qualche cane,
Parlo di paesi che si trovano in Piemonte e che invece non sfigurerebbero, in quanto ad arretratezza mentale, nemmeno in confronto alla baraccopoli più povera e degradata della Calabria.
Al momento non mi sono giunte notizie di gatti morti dovuti ai botti, ma non sapere non significa che non sia successo nulla.
Mi fermo qui, prima che la rabbia mi faccia scrivere cose che potrebbero essere usate contro di me in un tribunale.

Sono certo che in molti non capiranno perché me la prenda tanto per dei gatti morti.
Sono solo animali, giusto?
Nemmeno il me stesso di qualche decennio fa lo capirebbe, perché non m’importava granché né dei gatti né degli animali in generale.
Ora non sono pentito di essere diventato gattofilo e animalista, ma di non esserlo diventato prima, molto prima.
Non avrei sicuramente potuto fare la differenza, ma nel mio piccolo avrei potuto dare un contributo.
È anche per questo che riesco a riconoscere i comportamenti dannosi, a volte involontari, ma sempre dannosi.
E avrei voluto che, all’epoca, qualcuno me li facesse notare per evitare errori irrimediabili.
Quel che è fatto è fatto: ora tocca a me tentare di (ri)portare qualcuno sulla retta via, ma si tratta di un’ardua impresa perché affrontare l’argomento costringe le persone a farsi un profondo esame di coscienza.

Perché specifico di essere gattofilo e non solo animalista?
A livello personale, anche se so che non dovrei, metto i gatti su un piano superiore rispetto agli altri animali (soprattutto i cani, che personalmente non mi sono molto simpatici per diverse ragioni, anche se non farei mai loro del male).
Per quanto mi riguarda sono eleganti, fieri, maestosi, raffinati, principeschi, sublimi, magici, divini.
Per me il gatto è l’espressione massima di arte biologica.
Da ateo non credo che esista una qualche forma di esistenza dopo la morte; non credo nemmeno nel famoso Ponte dell’arcobaleno, una sorta di Paradiso destinato agli animali.
Eppure anche io ho immaginato un luogo simile per loro.
Ne parlo in modo particolare nel mio ultimo racconto (Nella mente di un misantropo animalista (spoiler: muoiono tutti)); anzi, si può dire che l’abbia scritto proprio per concretizzare a parole questa mia fantasia.
Concedetemi un paio di paragrafi per pubblicizzarlo, ché a qualcuno potrebbe venire la voglia di leggerlo.
Ci tengo a farlo conoscere più di tutti gli altri e-book perché è quello che meglio mi rappresenta, tanto che lo considero il racconto definitivo.

Non è autobiografico, ma ho molti elementi in comune col protagonista: siamo entrambi animalisti, vegani, atei e astemi.
E, più di ogni altra cosa, odiamo gli umani e amiamo i gatti.
Il racconto nasce in un momento in cui mi arrovellavo per capire come fare ad aprire un rifugio per gatti.
Non avendo trovato risposta (e non avendola nemmeno tuttora), la fantasia prese il sopravvento e, a modo mio, diedi vita a un’utopica realtà di un mondo senza umani e con solo gli animali presenti.
Quella versione rinnovata della Terra ospitava tutti gli animali, e intendo proprio tutti: ogni animale ancora in vita in quel momento e tutti gli altri resuscitati per l’occasione.
Mammiferi, pesci, insetti… e anche i dinosauri.
Era diventato un pianeta per miliardi e miliardi di animali, con l’ulteriore modifica di non necessitare più di uccidere per nutrirsi o accoppiarsi, rimanendo vivi e in salute per l’eternità.
Non dirò di quale tipo di potere il protagonista si servì per giungere allo scopo né come modificai la Terra per farceli stare tutti: dico solo che, anche in quel caso, emerse prepotente in me l’esigenza di creare uno spazio solo per i gatti: Nekojima, che in giapponese significa “isola dei gatti”.

Nekojima è un paradiso nel paradiso destinato esclusivamente ai piccoli felini.
Per tenere fede al nome l’ho ideata isolata da tutti gli altri continenti, altrimenti che isola sarebbe?
Immaginate un’imponente catena montuosa tutta intorno come barriera protettiva; lo so che non si sarebbe mai più verificata alcuna situazione pericolosa, ma intendevo conservare e applicare il concetto di isolamento ai massimi livelli.
Quindi abbiamo una catena montuosa, poi ci sono le colline e metà strada e infine una vasta pianura; penso si possa immaginare l’isola come se fosse una conca.
Anche le condizioni meteo sono state adattate all’occorrenza per rendere la permanenza dei gatti più piacevole nelle zone interne e comode di Nekojima; la temperatura si assesta sempre su minime e massime tollerabili senza tanti problemi.
Ovviamente l’ambiente è incontaminato, senza alcun segno di urbanizzazione: fiumi, prati, boschi, laghi e via dicendo.
Su Nekojima vivono miliardi di gatti, ma nemmeno io posso stimare un numero approssimativo perché vanno considerati tutti i mici che hanno lasciato le proprie orme sulla Terra da quando ha iniziato a ospitare la vita e considerando la specie Felis silvestris.
Il medesimo discorso si applica anche agli altri animali che popolano il resto del pianeta, grandi o piccoli che siano; ma torniamo su Nekojima.
Manterrò il riserbo su come sia stato possibile creare quest’isola e sulle modifiche geografiche e biologiche adottate per renderla vivibile.
Tuttavia credo di non peccare di superbia dicendo che, se amate i gatti, Nekojima può essere anche il vostro luogo ideale, fatato e incantato nel quale vorreste che vivessero.
Il finale a sorpresa penso sia in linea con quanto espresso nei vari capitoli del racconto, perché il protagonista scoprirà che, essendo anche lui umano, gli toccherà morire esattamente come i propri simili; niente trattamenti preferenziali nemmeno per lui, in poche parole.
Acquistate il racconto se, per un po’ di tempo, sentite il desiderio di evadere con la fantasia da un mondo che ogni giorno diventa sempre più brutto e inospitale, soprattutto per gli animali.

Scrivere quel racconto è stato catartico,
Mi è servito per evadere temporaneamente, ma ne sono uscito più insoddisfatto di prima.
Se riuscissi nell’improbabile intento di aprire un rifugio per gatti finirei sempre e comunque per fare paragoni con Nekojima; non vuol dire che mi farei scappare l’occasione, ma il punto di riferimento sarebbe qualcosa di irraggiungibile anche se avessi tutti i soldi del mondo.
Qualsiasi soluzione possa trovare per aiutare i mici che incontro, sbatterei la testa contro una realtà che rimarrà per sempre inalterabile.
Sono consapevole che niente di quello che potrò realizzare mi renderà felice, perché quel sentimento così estremo è diventato un concetto irreale, solipsistico.
Si dice che, visto che si sogna, sia meglio farlo in grande.
Ebbene io l’ho fatto, ma a che prezzo…

Vittorio Tatti

Ennesima ripartenza

Nel caso non l’abbiate notato, ho azzerato il blog. Nel senso che ho cancellato tutti gli articoli (tranne quelli che più mi rappresentano) scritti prima di oggi.
Ero indeciso se chiudere il blog e aprirne un altro o continuare con questo, ma sinceramente non riesco a immaginare un desiderio più grande dell’estinzione umana. Per il momento sono ancora presente nel secondo blog.
Da oggi non includerò più immagini generate dall’IA, perché ho letto che la loro creazione ha come conseguenza un elevato impatto ambientale.
Anche se c’è già una pagina che sintetizza chi sono, ne approfitto per presentarmi brevemente a chi si è aggiunto/a di recente.

Le cose più importanti di me da sapere sono due.
La prima è che sono misantropo. Odio la specie umana, l’antropocentrismo, l’ingiustificata credenza dell’essere umano di poter disporre a proprio piacimento dell’ambiente e degli animali. L’unica soluzione per mettere fine a questo scempio è una: l’estinzione umana senza possibilità di redenzione, la morte totale di ogni singolo umano presente sul pianeta.
La seconda è che sono animalista, con tutto ciò che ne consegue. Sono vegano per logiche ragioni: è facile dire di amare gli animali e continuare a nutrirsene. Ho le mie preferenze: adoro i gatti (al momento ne ho tredici) e non sopporto i cani (sono troppo legati, da un punto di vista evolutivo, agli umani).
Riepilogando: misantropo, animalista, vegano, gattofilo/gattaro. Questo mio essere è sintetizzato alla perfezione nel racconto Nella mente di un misantropo animalista (spoiler: muoiono tutti). Qui descrivo nei tempi e nei modi quella che ritengo essere la mia fantasia definitiva e in nessun altro modo eguagliabile, né ora né mai.

Sono single. Anzi, utilizziamo il corretto termine italiano: celibe. Lo sono anche per scelta. Non mi dispiacciono le relazioni sentimentali, a patto che la lei di turno sia in buona percentuale compatibile. In sua mancanza, anche nella solitarietà sto benissimo.
Quando dico “lei” intendo una femmina vera (cit. Rowling). Quindi una femmina munita di vagina fin dalla nascita. Trattandosi di intimità pongo dei paletti assolutamente invalicabili: niente gay e niente trans. Sono eterosessuale fino al midollo e non sono assolutamente curioso di sperimentare qualcosa di diverso.
Non ho e non voglio avere figli: il mondo è già sovrappopolato a sufficienza.

Mi ritengo una persona molto casalinga e questa attitudine si riflette anche nelle mie passioni: scrivere, leggere, guardare film, serie tv e anime, videogiocare. Odio viaggiare, soprattutto perché starei a contatto con la gente per un tempo indefinito. Se potessi non uscirei di casa nemmeno per fare la spesa.
Tuttavia non mi dispiace passeggiare di tanto in tanto in dolce compagnia. Mete privilegiate: campagna boschiva, mare (in inverno), librerie, musei e centri storici (se non ci sono fiere, sagre ed eventi). Ovviamente escludo a priori acquari, zoo, circhi e ogni luogo di detenzione e sfruttamento animale.

Adoro l’isolamento, più che altro dagli umani. Con risultati deludenti aspiro da tempo a cercare di trasferirmi in una casa indipendente e isolata. Non m’interessa stare in una villa con piscina e giardino: l’importante è che sia abbastanza grande per ospitare me e i gatti. E che il vicino di casa più vicino sia a qualche chilometro di distanza da me.
Se ne avessi la possibilità vivrei con somma gioia in un rifugio antiatomico perché, insieme all’isolamento, mi inebriano il silenzio, il buio e gli ambienti claustrofobici.

Al momento svolgo il lavoro di bibliotecario. Per le ragioni elencate sopra preferirei lavorare e vivere in un rifugio per animali (sottinteso: in un luogo isolato), meglio se con gatti e senza cani.
Sono ateo agnostico, non sono né scaramantico né superstizioso. Credo solo in quello che vedo, e a volte nemmeno in quello. Salvo evidenti prove a disposizione, considero gli umani inaffidabili a prescindere.
Detesto ogni forma di religione. Mi fido della scienza, ma non l’approvo per la sua mancanza di etica quando si tratta di sottomettere, sfruttare e uccidere gli animali. In questo senso religione e scienza continuano a conservare entrambe una visione disgustosamente antropocentrica.
Detesto gli umani tanto quanto i loro vizi: alcolici, sigarette, droghe, gioco d’azzardo e tutto ciò che crea dipendenza.

Adesso ne approfitto anche per annunciare l’uscita del mio ultimo romanzo: L’ultima impronta sulla terra.
Proposto inizialmente tramite una casa editrice che non mi ha sostenuto a sufficienza sul fronte promozionale, ho chiesto e ottenuto la rescissione anticipata del contratto. Libero da qualsiasi vincolo, ho deciso di autopubblicare anch’esso.
Sicuramente da solo non ho né i mezzi né la volontà di dilungarmi troppo in pubblicità atte a venderlo. Come dico sempre: chi vuole acquistarlo lo acquisti, altrimenti pazienza.
Vi lascio con la trama e la presentazione. Se avete domande chiedete pure.

In una Genova di una realtà parallela si svolgono le avventure di tre giovani amici: Roberto, Elena e Michael. In seguito all’improvvisa comparsa di mostri dalle origini sconosciute, il gruppo cerca di sopravvivere quasi clandestinamente in un mondo nel quale l’umanità è stata completamente annientata, prima ancora che dai mostri, dalla mancanza di valori etici e morali annichiliti da potenti influencer. Riusciranno i tre amici a resistere o soccomberanno? L’umanità tornerà com’era prima? E sarebbe veramente un bene se accadesse?

Sono stato motivato a scrivere questa storia per la tematica di base affrontata (l’abuso della tecnologia), ma anche perché ho trasmesso un po’ di me in ognuno dei cinque personaggi principali presenti nel racconto.
Essendo cresciuto col Commodore 64 nella seconda metà degli anni ’80 (quando i computer erano roba da nerd sfigati), ho assistito prima allo sviluppo tecnologico in ambito domestico e poi al lento declino intellettivo, sociale e morale della massa a causa dell’analfabetismo digitale (e non solo…). Ne parlo per esperienza diretta, non servendomi di nozioni apprese da fonti esterne non verificate.
È come se, a un certo punto della scala evolutiva dell’homo sapiens, qualcosa si fosse inceppato e avesse intrapreso il cammino inverso, ma con gli smartphone al posto delle clave.

Questo declino ha portato alla nascita di mostri quali social network e influencer egomaniaci o addirittura con tendenze criminali. Ed è su di loro che si concentra la mia cinica, ma verosimile e fondata, critica.
Plasmando le avventure dei cinque protagonisti mi sono ritrovato spesso a pensare tra me e me: “Possibile che sia l’unico a essere profondamente disgustato dalla brutta piega che ha preso la società?”. E me lo chiedo pure adesso, mentre mi rivolgo direttamente a voi: possibile che solo io mi senta un alieno in un mondo quasi del tutto privo di etica e morale (soprattutto nei confronti degli animali)?
Se è così, nessuno si stupisca che sia diventato misantropo. Se invece non lo è, possiamo provare a intraprendere insieme un viaggio alla (ri)scoperta di valori perduti o di celebrarne di nuovi.

I cinque protagonisti mi rispecchiano, soprattutto due di loro. Perché questa storia non è solo pregna di odio nei confronti della società e degli umani, ma anche di amore nei confronti degli animali. In primis i gatti.
Essere animalista, vegano e gattaro/gattofilo estremizza ancora di più i miei sentimenti negativi indirizzati ai miei simili. C’è da stupirsi?
Nel 2024 sembra ancora fantascienza il desiderio di vedere gli animali finalmente liberi dal giogo dell’antropocentrismo. Eccolo il vero male della nostra epoca: l’antropocentrismo, il ritenerci superiori agli animali sotto ogni aspetto.
Non ci siamo ancora evoluti. Forse non ci evolveremo mai.
Ripongo le mie uniche speranze in un qualche tipo di evento apocalittico che possa condurci all’estinzione. Con le buone o con le cattive.
Chiamate questo evento come volete: karma, giustizia, castigo divino. Sfido lo stesso chiunque a ribattere che non sarebbe meritato.

Vittorio Tatti