No, viaggiare

Parafrasando il titolo di una canzone di Lucio Battisti, mi collego a questo articolo di Caterina perché mi ha fatto ricordare che non parlo mai di viaggi nel mio blog. E ci sarà una ragione, no?

La prima e unica è che odio viaggiare, in sintesi. Odio farlo perché ci sono contrattempi, è una perdita di tempo ed è quasi impossibile farlo senza subire la presenza di altri bipedi umani. Conoscete il detto che conta il viaggio e non la destinazione? Ecco, a me non si applica.
Il viaggio, inteso come spostamento dal punto A al punto B, mi pesa soprattutto quando va intrapreso per dovere (incluso fare la spesa). Per piacere riuscirei a essere più elastico, ma a condizioni ben precise.
Prima di tutto o viaggio da solo o in dolce compagnia; niente assembramenti e niente sconosciuti che schiamazzano a dieci centimetri di distanza da me. Secondo, gli orari devono spaccare il minuto. Terzo, devo potermi spostare senza interagire con anima viva (a esclusione dell’eventuale già citata dolce compagnia).
L’auto, per quanto sia comoda, non è il mio mezzo di trasporto preferito. Ovviamente da solo non potrei utilizzarla, e se lo facesse la lei di turno sarebbe distratta dalla guida. Ma un bel camper attrezzato con ogni comodità non mi dispiacerebbe.
Tralasciamo l’aereo: soffro di acrofobia. La nave non mi dispiace, a patto che non sia da crociera e non si chiami Titanic. Penso che il treno sia il mezzo più idoneo agli spostamenti su lunghe tratte. Chiaramente dev’essere puntuale, devo avere una cabina tutta per me per evitare gente molesta (come quella che usa lo smartphone senza auricolari o con bambini) e non deve richiedere cambi. Non so perché, ma m’ispira la Transiberiana; probabilmente mi dà l’idea di essere un micromondo autonomo e indipendente dal mondo esterno (un po’ come lo Snowpiercer).
Ma il mio mezzo di trasporto preferito resta lui: il teletrasporto. In mancanza di ciò, me ne resto a casa.

Esistono luoghi che mi piacerebbe visitare, sempre rispettando le condizioni sopra elencate (in primis l’assenza di umani, ancora più odiosi quando sono in veste di turisti). Preciso: visito i luoghi, non le persone. Non gradisco nemmeno i miei connazionali, figuriamoci chi ha l’abitudine di mangiare ficcando le mani in un pentolone condiviso o ballare in pacchiane e chiassose sfilate vomitando una miscela di alcolici.
Andiamo per esclusione.
Per clima e usanze locali escludo il continente africano, quello americano e quello asiatico; non ci andrei nemmeno se mi pagassero. Eccezioni: Canada, Alaska, Giappone, Tibet e Siberia.
Canada, Alaska e Siberia sono luoghi non molto popolati e freddi: l’ideale per isolarsi in mezzo alla natura. Lo stesso ragionamento vale per il Tibet, ma aggiungo che sono curioso di vedere come vivono i Monaci Shaolin.
Avendo visto e letto centinaia di anime e manga, ho appreso indirettamente alcune usanze dei giapponesi. Sebbene non le apprezzi tutte (come la caccia alle balene), non sarebbe male visitare le rinomate località termali immerse nella natura. Da un punto di vista tecnologico, invece, Akihabara è il luogo ideale per ogni nerd che si rispetti.
In ambito europeo non mi attraggono per niente le grandi capitali, a eccezione dei loro centri storici risalenti al periodo medievale (ma quelli li abbiamo anche qua, perciò…).
Per il clima menzionerei la Scandinavia, l’Islanda, l’Irlanda e la Scozia. Soprattutto quest’ultima mi dà l’idea di essere abbastanza “spettrale”. Diciamo così: gradisco le ambientazioni gotiche. Andrei anche in Antartide, ma solo quando è completamente notte.
Indipendentemente dai luoghi e potendomici teletrasportare per una toccata e fuga, ecco cosa mi piacerebbe ammirare: il Grand Canyon, i Grandi Laghi, la Terra del fuoco, il Sognefjord. Tra le opere architettoniche cito: la Sagrada Familia, l’Abbazia di Westminster, la biblioteca del Trinity College, il Castello di Neuschwanstein, la Piramide di Cheope, il Pantheon, la Cappella Sistina, il Colosseo, i Sassi di Matera.

Sicuramente ho tralasciato qualcosa, ma poco male: tolti i vicini di casa, non c’è luogo al mondo migliore di casa mia.

Vittorio Tatti