10000 vaff… a WordPress

Il traguardo in sé non è rilevante (molti di voi probabilmente ottengono quelle visualizzazioni in un giorno), ma io le superai solo con uno dei miei primi blog su WordPress: Ordine e Caos.
Il fatto che abbia raggiunto questo traguardo significa che il qui presente blog è tenuto in piedi con un certa regolarità, perciò potrei aspirare realmente ad acquistare il dominio e avere finalmente un blog fisso.
A mettermi il dubbio, tuttavia, è stato un nuovo, grave problema presente su WordPress.

Pochi giorni fa Paola (mia coinquilina in un altro blog) mi ha informato tempestivamente di avere accesso all’area gestionale del mio blog personale, senza che però a me risultasse presente. In aggiunta si è accorta che io ero presente nel suo.
La cosa strana è che lei si vede nel mio blog personale e vede me nel suo, ma io non vedo lei nel mio e non mi vedo nel suo. È come se lei fosse una superamministratrice.

Nella sfortuna è andata bene perché Paola è una persona degna di fiducia e non ne ha approfittato, altrimenti un utente malintenzionato mi avrebbe tolto i privilegi di amministratore e si sarebbe sostituito a me nella pubblicazione degli articoli.
Resta da capire se il problema sia circoscritto a chi ha un blog in comune, e quindi il sistema riassegna arbitrariamente i privilegi anche nei blog personali, oppure se si presenti in maniera del tutto casuale.
Vi direi di stare all’occhio, ma potreste essere ignari del problema esattamente come lo sono stato io. Quindi è un terno al lotto.

Questa piattaforma sta scadendo di brutto. So come vorrei convertire quelle visualizzazioni…

Vittorio Tatti

È giunto il momento

Ebbene, è nuovamente giunto quel momento dell’anno in cui decido di scomparire dalla blogosfera per ragioni umorali, sociali e meteorologiche. Stavolta con qualche lieve variazione sul tema.
So bene che, se sparissi per mesi, prima o poi mi verrebbe voglia di chiudere il blog e aprirne un altro. Sinceramente inizia a essere stancante ricominciare ogni volta da capo. E poi, come detto in fase di avvio del presente blog, quale altro desiderio potrei esprimere che mi renderebbe più felice dell’estinzione umana? Nessuno, credo.
Inoltre, come ho già sperimentato, quando voglio smettere di condividere certi articoli è sufficiente cancellarli. E se l’umore dovesse effettuare un’altra virata potrei facilmente ripristinarli. Come dire: non è necessario traslocare se voglio cambiare i mobili.

Il succo del discorso è che non sparirò per mesi (con vostro sommo dispiacere, rassegnatevi). Anziché immergermi in un’unica pausa lunghissima, credo che mi concederò tante piccole brevi interruzioni.
Continuerò a seguire i vostri blog e a rispondere ai commenti. Da parte mia l’idea sarebbe di pubblicare settimanalmente tre o quattro articoli.
Ultimamente vi ho dato tanto, troppo da leggere, quindi eviterò di pubblicare l’ennesimo articolo biografico che è astronomicamente lungo e che riguarda i videogiochi (presumo che a voi non interessino poi chissà quanto), anche perché io per primo non ho voglia di rileggerlo per correggerlo.
Forse un giorno vi racconterò di tutti i miei gatti, ma non prometto nulla perché andrei a toccare corde emotive che ora non mi va di stuzzicare.

La pubblicazione delle poesie dedicate alla mia adorata musa proseguirà senza sosta. Non perché speri di farla capitolare, ma perché è quello che sento di voler esprimere. E quello che esprimo, fino a prova contraria, è solo un problema mio.
Se lei sapesse probabilmente sceglierebbe di non essere né adorata né musata, ma la trovo affascinante, splendida, sublime, meravigliosa, estasiante, incantevole, ammaliante, avvenente, bella da ottenebrare la mente e far palpitare il cuore.
Credo di aver reso l’idea. Che poi lei mi creda oppure no, pazienza.
あなたを愛せたらいいのに.

Questo blog resterà e vorrei che diventasse il mio punto di riferimento digitale. Sto anche valutando la possibilità di acquistare il dominio, ma prima voglio essere veramente certo che non lo chiuderei cinque minuti dopo, perché dalla regia mi suggeriscono che non sarebbe una mossa astuta.
Altrove, boh…
Facebook è lì più che altro perché il mio profilo è legato alla pagina della biblioteca e Messenger non m’ispira più di tanto (preferisco WhatsApp, Telegram e Signal), ma in genere rispondo se proprio non ci sono alternative.
E-mail e chat sono a disposizione, per chi volesse. Sarò anche presente, saltuariamente, nell’altro blog che condivido con Paola: Qua il sole non sorge mai (l’arrivo imminente della cosiddetta bella stagione mi spingerà a sfogarmi spesso contro di essa…).
Per ora è tutto.

Vittorio Tatti

La storia inenarrabile

Questa è la storia di un blogger. Per preservarne l’identità lo chiamerò Blogger. È anche la storia di due ragazze, anch’esse blogger. Le chiamerò Blogghina e Blogghetta. In ogni caso non si tratta di un triangolo amoroso.

All’epoca Blogger provava un certo interesse superficiale sia per Blogghina sia per Blogghetta. Entrambe avevano sia un nome, un cognome e un volto. A un certo punto Blogghina iniziò a interagire con Blogger più di Blogghetta. Questo contribuì ad approfondire la reciproca conoscenza, soprattutto caratteriale, e Blogger s’innamorò di Blogghina. Decise di chiamarla Musina (piccola musa). Non sapendo se il sentimento fosse reciproco Blogger si cancellò e sparì dalla blogosfera per circa un anno.
Quando ritornò ritrovò casualmente sia Blogghina sia Blogghetta. Il sentimento sopito per Blogghina ricomparve ed entrambi scoprirono di provare qualcosa l’uno per l’altra. Tuttavia Blogghina non se la sentiva di iniziare una relazione sentimentale e la storia si chiuse definitivamente.

Blogghetta era ancora lì, apparentemente accantonata. Nel frattempo Blogger aveva scoperto che era fidanzata e inoltre non aveva mai mostrato alcun tipo d’interesse particolare per lui. Non essendoci i presupposti per provarci con lei, Blogger si limitò a rimanere silenziosamente in disparte.
Blogger conobbe una ragazza fuori dal blog e iniziò una nuova relazione sentimentale. Dopo pochi anni finì e Blogger prese una pausa dagli impegni sentimentali.
Dal nulla, ma sempre presente nella blogosfera, Blogghetta riemerse nei pensieri di Blogger. Non poteva diventare una musa, anche se Blogger l’avrebbe voluto. Il segreto continuò a rimanere tale.
A distanza di tempo, in mezzo a tante altre, Blogghetta non è né un rimpianto né un rimorso. È qualcosa di indefinito per considerarla tanto, ma pensierosamente presente per considerarla poco.

Fine di una storia, e di due storie mai iniziate.

Vittorio Tatti

Fauna da blogosfera

Avendo bazzicato nella blogosfera per poco più di un ventennio mi sono fatto un’idea abbastanza precisa del tipo di fauna umana che la popola.
Adesso cercherò di fare un rapido riassunto sulle figure più presenti. Se vi sentite chiamati/e in causa (indiretta) non offendetevi.

L’accattone/a

Inizia a seguire diecimila blog senza consultarne nemmeno uno. Il suo intento è farsi seguire solo per ricambiare il favore, ma la gente più sveglia difficilmente abbocca all’amo.

Il fantasma

Tale tipo di blogger sembra sinceramente interessato alla comunicazione tramite blog, ma si fa risucchiare dagli impegni della vita reale così spesso che ci si chiede perché abbia un blog.

La dea sul piedistallo

Per mia esperienza è quasi sempre una donna che se la tira in abbondanza. Evidentemente, nel tentativo di ripercorrere la scia di Chiara Ferragni, si crede una celebrità che non scende mai dal piedistallo per mettersi alla pari della plebe. Provando a commentare non si riceverà risposta, a meno di non far parte di una ristretta cerchia di eletti. In genere attendo qualche giorno, ma se mi capita (due volte, di recente) smetto di seguirla/o.

Lo/la spammer

In prevalenza straniero/a, ma non mancano anche blogger italiani che pubblicano “articoli” sulla finanza e via dicendo. Non ha all’attivo un vero e proprio blog, perché non c’è niente di personale in quello che vi si legge.

La spia

Ti segue con fedeltà, ma chi è? Ha un blog vuoto (o non ce l’ha proprio) e non commenta mai. È solo timido/a oppure si tratta di una persona conosciuta sotto copertura?

L’indolente

È molto attivo/a nei blog altrui con i commenti, ma aggiorna il proprio blog molto raramente oppure con contenuti reperiti altrove.

La/il comare

Commenta solo con un buongiorno o un buon pomeriggio; nei casi clinici conclamati anche con la buonanotte. Non replica quasi mai a tono con l’argomento dell’articolo: gli/le piace solo spettegolare.

Sicuramente ci sono altre categorie, ma ci vorrebbe tempo per elencarle tutte.
Voi quante ne conoscete?

Vittorio Tatti

Alternative per il blog

Qualche settimana fa, prima di cancellarmi da Mastodon, lessi un articolo sulle intenzioni di WordPress di addestrare la propria IA servendosi dei contenuti dei/delle blogger. Personalmente non ci vedrei niente di male se ciò servisse a trasmettere all’IA il mio odio per l’umanità e la convincesse a estinguerla.
Ma, da un punto di vista etico, WordPress si dimostra ipocrita perché offre un servizio agli utenti – tale Kudurru – proprio per impedire che l’IA di terze parti estragga dati (scraping) dai siti. E non è tutto: l’IA di WordPress potrà utilizzare dati anche di blog disattivati o chiusi, e qui sorgerebbe pure la questione della finta cancellazione dei nostri profili personali.
Non potendo intervenire direttamente sul codice, qui su wordpress.com non abbiamo molte possibilità di proteggerci da tale pratica; l’alternativa sarebbe acquistare il dominio e passare a wordpress.org, ma è una soluzione poco adatta a chi apre e chiude blog di frequente.
Esistono piattaforme che consentono un maggior controllo sul proprio blog, tipo AlterVista e MyBlog (entrambe basate su WordPress). In passato mi è capitato di utilizzarle e confermo che l’utente finale ha maggior controllo sul codice finale. Il problema è che, per mantenere la propria cerchia di conoscenze virtuali, dovremmo migrare in massa lì, altrimenti l’interazione sarebbe ridotta o assente.
Aneddoto su MyBlog: mi sono ricordato che è stata la mia seconda piattaforma dopo Splinder e prima di WordPress. Avevo un blog animalista ed ero seguito da una ragazza che si firmava namida27 (namida in giapponese significa lacrima). Dopo essere passato a WordPress la ritrovai anche qui, ma poi sparì senza lasciare traccia.

Ultimamente ho riflettuto molto sulla possibilità di trasferire la mia residenza virtuale nel Fediverso.
Il Fediverso è decentralizzato e ancora non molto frequentato, il che lo rende un ambiente ideale per chi non ama l’esibizionismo esasperato stile social network.
Fino a non molto tempo fa ero presente su Mastodon, l’alternativa a X/Twitter e Threads. Si tratta di una piattaforma di microblog che a me non piace molto perché i contenuti non seguono una gerarchia grafica, spesso diventa una chat, quello che si pubblica tende a essere molto transitorio e noto un persistente effetto scopiazzatura (difetto che già era presente in Twitter). Inoltre ho scoperto che è molto LGBTcentrica e questo, per gusti personali, non lo gradisco.
Ma il Fediverso non è solo Mastodon. Chi cerca delle alternative libere a prodotti commerciali e centralizzati può puntare su Friendica invece di Facebook, Pixelfed invece di Instagram, Noblog invece di WordPress, PeerTube invece di YouTube, Bookwyrm invece di Goodreads, SearXNG invece di Google (io uso Ecosia), CryptPad invece di Office (io uso OpenOffice e LibreOffice), Feddit invece di Reddit e via dicendo.
Spostarsi nel Fediverso potrebbe essere un buon modo per non contribuire alla merdificazione (termine coniato realmente) di Internet. L’altra faccia della medaglia è la perdita di parte o tutti i propri contatti virtuali refrattari a cambiare piattaforma.

Come detto ho già provato Mastodon, ma il microblog non è il mio modo ideale per interagire virtualmente. Preferisco il lento, esplorativo e riflessivo incedere del blog. Se il microblog è una botta e via, il blog è una relazione a lungo termine. E poi ci sono troppe ǝ per i miei gusti.
Ho già testato anche Friendica, Pixelfed, Noblog e Feddit, ma non sono durato molto perché l’utenza è eccessivamente inclusiva verso tematiche che a me non interessano.
In realtà sto vagliando anche delle alternative a WhatsApp e Gmail. Il problema è che la prima app viene utilizzata praticamente da ogni persona che conosco nel reale, rendendo sostanzialmente inutile la presenza di Telegram e Signal sul mio smartphone. Ho comunque deciso di tenerle per non privarmi della possibilità di chattare anche con contatti solo virtuali.
Sostituire Gmail è complicato solo per il fatto che devo prima ricordarmi a chi comunicare il cambio di indirizzo e-mail. Potrei dirottare l’utenza tramite una risposta automatica, ma chi lavora per i servizi pubblici (INPS, AdE, ASL, etc., che non sempre si ricordano che ho la PEC…) potrebbe non avere voglia o tempo di inoltrare altrove le e-mail. Quindi mi toccherebbe procedere manualmente e la faccenda si farebbe lunga. In ogni caso l’alternativa a Gmail esiste e la vedo in Proton Mail.

Limitandoci al blog, abbiamo visto che WordPress sta perdendo parecchi colpi già da tempo. Le alternative sono state elencate: AlterVista, MyBlog e Noblog.
Personalmente opterei per AlterVista, in quanto ha un’interfaccia grafica familiare e non ha le limitazioni di Noblog. Non ricordo com’è MyBlog, ma si potrebbe fare qualche prova.
Dovendo scegliere, voi su cosa puntereste?

Vittorio Tatti

WordPress agli sgoccioli

Lo/la stagista che lavora per WordPress ha finito di smanettare con il codice? Il risultato, così com’è, è pessimo.
Prima tolgono la barra di stato dal lettore, poi cambiano i colori dei collegamenti, poi spostano le notifiche, poi le nascondono, poi le sovrappongono. Prima andava bene, ora no.
Funziona qualcosa e cosa fanno? La sminchiano.
WordPress sta perdendo colpi anno dopo anno. Penso che manchi poco al raggiungimento di un nuovo apice.
Il primo avvenne quando modificarono l’editor aggiungendo i blocchi (che non ho mai sopportato). E tutto questo per cosa? Per facilitarne l’uso da smartphone a scapito del computer. Per fortuna hanno avuto il buon senso di mantenere anche l’editor classico.
Considerando che presto la piattaforma introdurrà un’IA che verrà addestrata con i nostri contenuti, forse è ora di iniziare a pensare a un’alternativa.

Vittorio Tatti

Innamorato dell’amore

Qualche giorno fa una donna mi ha detto che sono innamorato dell’amore. Sebbene l’osservazione fosse nata in seguito a un suo discorso sull’astrologia (alla quale non credo), l’ho ritenuta calzante. Sicuramente molto più di quella della tipa che mi accusava di fare il cascamorto con tutte. Se nasce un certo tipo d’interesse potrei essere tentato di provarci, ma concentrarsi sulla singola è ben diverso da provarci con tutte indistintamente e senza criterio.

Cosa vuol dire essere innamorato dell’amore? La sua definizione è così ambigua che potrebbe realmente significare provarci con tutte (o tutti, ché pure le donne hanno dei bisogni da soddisfare). Ma non per me.
Penso che voglia dire provare piacere in tutta quella fase che parte dal primo approccio, continua con il corteggiamento e la conoscenza e si conclude con l’atto sessuale.
Questo spiegherebbe bene perché abbia così tante difficoltà a gestire a lungo termine una relazione sentimentale che, per forza di cose, include parecchi elementi estranei all’interazione di coppia: parenti, amici, lavoro, passatempi e tempo trascorso insieme (al di là della distanza geografica).

Cito alcuni dei miei romanzi preferiti che parlano d’amore: Cime tempestose, I dolori del giovane Werther, Le affinità elettive, Storia di una capinera, Ultime lettere di Jacopo Ortis, La signora delle camelie e Il ritratto di Dorian Gray. Limitandomi alle singole coppie: Eros e Psiche, Romeo e Giulietta, Penelope e Ulisse, Euridice e Orfeo, Paride e Elena, Tristano e Isotta, Lancillotto e Ginevra, Paolo e Francesca.
Cos’hanno in comune queste storie, queste coppie? Sono romantiche sì, ma anche tragiche. Sono quelle che preferisco per l’intensità del sentimento dimostrato.
Non parliamo di coppie da “mutuo sulla casa”, ma di un uomo e una donna che, come due poli magnetici opposti, vengono attratti l’uno all’altra senza possibilità di sfuggire al proprio destino.

Potrei dire una scemenza, ma a mio modo di vedere si è perso l’interesse per il desiderio, la passione, l’ossessione (se mi passate il termine senza accezioni negative). Le coppie odierne sono sottoposte a eccessivi stimoli esterni e le maggiori possibilità di conoscere l’anima gemella dall’altra parte del mondo mutano in una collezione di svaghi sessuali a perdere.
Passi pure la paura di rimanere da soli/e: non dovrebbe essere un fattore di scelta, ma lo è. Molte persone subiscono un’elevata pressione sociale da parte di genitori, parenti alla lontana o anche amici solo perché, a loro modo di vedere, dovrebbero essere utili alla società mettendosi insieme per sfornare figli.
Politica e religione non aiutano in tal senso. La prima elargisce bonus e sussidi per convincere le coppie a procreare; se poi non hai né lavoro né casa né soldi, ti arrangi.
La religione minaccia castighi divini e la dannazione eterna se si preferiscono cani e gatti ai figli umani.

Se fossimo in pochi sul pianeta e avessimo tutti un ruolo essenziale avrebbe un minimo di senso. Invece non solo il pianeta è gravemente sovrappopolato, ma molte, troppe persone non hanno nemmeno la possibilità di realizzare i propri sogni perché risucchiate e stritolate in ignobili ingranaggi sociali.
Si dice che occorrono figli, quando già ci sono milioni di bambini che muoiono di fame o vengono sfruttati in tanti modi. Si dice che occorrono lavoratori, ma guardiamo quanti disoccupati ci sono e quanti ce ne saranno a causa dell’avvento dell’IA e di un’automazione sempre più mirata al profitto.
Si punta esclusivamente sul numero e non sulla qualità di chi già c’è.

Non accetto paternali sul fatto di dovermi mettere insieme a una donna per assecondare una società che detesto. Un uomo e una donna dovrebbero formare una coppia se e solo c’è un reale interesse reciproco.
Ma, come scritto sopra, gli elementi di disturbo sono tanti, pressanti e molesti. Parecchie coppie si formano prematuramente un po’ per superficialità e immaturità e un po’ per il timore del giudizio altrui.
Nel corso degli anni ho avuto modo d’interagire con diverse donne sposate. In più di un’occasione mi sono chiesto cosa le spingesse a tradire i propri mariti. Gran parte di loro mi rispondevano di non trovarsi bene con loro, per semplificare. Penso che il discorso si possa applicare anche a parti invertite, ma adesso sto raccontando solo la mia esperienza diretta.

Al mio suggerimento di divorziare le risposte più gettonate sono state: impossibilità a persuadere il marito (non necessariamente violento), figli in comune, difficoltà a inserirsi in un percorso lavorativo autonomo, parere contrario dei genitori di queste donne e la paura di rimanere sole.
Posso capire che non sia facile accettare a cuor leggero un divorzio dopo tanti anni di vita insieme. E capisco anche non voler stravolgere le abitudini dei figli. Anche il lavoro, dopo una vita da casalinga (che, a mio parere, dovrebbe essere un lavoro retribuito mensilmente dallo Stato), è parecchio difficile da trovare.
Ma i genitori perché dovrebbero avere voce in capitolo? E la paura della solitudine non potrebbe spingerti a iniziare una relazione con la persona sbagliata? Queste ultime due, obiettivamente, non mi sono sembrate argomentazioni convincenti.

Il punto è anche questo: talvolta le coppie nascono da presupposti errati. A un certo punto, anche a causa di quei fattori estranei già citati, per forza di cose qualche problema s’incontra lungo il cammino e non sempre è possibile correggere la rotta a navigazione iniziata. Se poi la relazione non è nata per amore ma per interesse allora il destino pare segnato.
A un certo punto la magia dell’amore (o presunto tale) viene offuscata dalle interferenze sociali.
Quindi sì: è vero che sono innamorato dell’amore, di quel legame intimo che unisce uomo e donna. Loro due soltanto, come dovrebbe essere. La gestione di tutto il resto invece è difficoltosa e, a quanto pare, non alla portata di chiunque.

A mio modo di vedere una relazione può essere vista come una stella a cinque punte. Le punte sono quelli che considero gli elementi basilari e immancabili per un rapporto stabile: attrazione fisica, attrazione mentale, compatibilità, complicità e spontaneità.
Attrazione fisica e mentale sono note a tutti. Anche la compatibilità ha un significato evidente e indica l’avere interessi in comune. La complicità è il sapersi sostenere a vicenda, difendendo a spada tratta i pensieri dell’altra metà della coppia. La spontaneità abbraccia tutto, perché quello che si prova è puramente voluto e desiderato, non imposto e non condizionato.
Purtroppo lo stile di vita moderno costringe le due parti di una coppia a trascorrere sempre meno tempo insieme. Si lavora sempre più lontano e per parecchio tempo. E volete che parenti e amici non rivendichino la propria fetta di attenzioni? Se ci sono pure dei figli va anche peggio.

Viene da chiederselo: ‘ste benedette coppie quand’è che trovano il tempo per stare insieme? Devono accontentarsi ogni volta delle briciole durante qualche fine settimana o festività comandata? Forse a qualcuno può andare bene, ma il fatto che gli altri decidano per me quando stare con la donna che amo non è che sia tanto piacevole. La spontaneità dovrebbe riguardare anche questo aspetto.
È un caso un po’ estremo, ma vero: c’è chi si organizza per fare sesso il sabato sera, come se fosse un evento epocale e come se l’umore si potesse manovrare a proprio piacimento.
Possibile che non ci sia il desiderio in ogni altro momento della settimana? Magari prendere un permesso dal lavoro e andare a spassarsela in un posto isolato, o anche a casa propria (dopo aver spento gli smartphone).
Io non ci riuscirei ad accendermi a comando: ho bisogno di tutta una fase di preliminari (verbali e gestuali), provocazioni, allusioni, qualcosa che accenda la scintilla. Altrimenti è solo ginnastica.

Per esempio usciamo insieme per andare a fare una passeggiata. Arrivati a destinazione ci sediamo su una panchina per parlare, tenendoci per mano. Scambiamo qualche sguardo furtivo e bacio sulle labbra. La mano di lei si appoggia sulla mia gamba. La panchina è troppo in vista: andiamo in un posto chiuso. Entriamo in un negozio di abbigliamento. Lei prende un abito a caso per provarlo nel camerino. Io vado con lei. Si spoglia. Le prendo la mano per avvicinarla a me. Sento il suo seno premere sul mio petto. Mi sbottona i pantaloni. Ci baciamo, lasciando che le nostre mani seguano l’impulso del momento. Le sbottono il reggiseno, lei alza la mia maglietta.
Poi arriva quella rompicazzo della commessa per chiedere se ci sono problemi.

Ho reso l’idea di come dovrebbe essere un atto spontaneo, giusto? Non è solo questione di sesso, se c’è anche un forte legame emotivo e sentimentale.
Per quanto sia il primo a riconoscere che l’ossitocinometro ai massimi livelli dipenda unicamente da una reazione chimica che si scatena nel cervello, è anche indubbio che è un piacere puro, non imposto dai tempi dettati dagli altri e nemmeno da sostanze estranee all’organismo (non capisco che senso abbia ubriacarsi per fare sesso, se non accorgersi a scoppio ritardato che forse non è stata una mossa intelligente).
Per me è questo che significa essere innamorato dell’amore. Non provarci con tutte a casaccio, ma trovare un’altra persona alla quale dare tutto. Parlo di piacere reciproco e consensuale, ché sennò qualche femminista murgiana tira in ballo il patriarcato, la possessività e l’amore tossico.
Se un uomo e una donna, una volta tanto, vogliono stare insieme senza genitori, figli e colleghi di lavoro in mezzo alle palle saranno pure fatti loro, no?

Com’è facile immaginare, essere innamorati dell’amore è una rogna, almeno rispetto a chi si accontenta di una botta e via o di chi si considera asessuato. Trovare una donna che possegga tutte le cinque punte della stella è un’impresa assai ardua.
Se nel virtuale è complicato, nel reale lo è ancora di più. Credete che non ci abbia provato? Che se potessi non sceglierei di stare con qualcuna che abiti a meno di 10 chilometri di distanza da casa mia?
Adesso sono l’unico a gestire la biblioteca, ma anche prima la situazione non è che fosse più rosea. Escludendo ovviamente la parte maschile, quella femminile non era considerabile in tal senso, almeno per quello che cerco in una donna.
C’è una ex bibliotecaria – che ora svolge tutt’altro lavoro – che trovavo fisicamente attraente. Solo che era sposata e probabilmente non interessata a me in quel senso.
Qualche volta veniva una mamma per prendere in prestito dei libri per il figlio. Sposata anche lei.
Con le volontarie gattare la situazione è più o meno analoga. C’è una ragazza con i piercing (che a me, personalmente, non piacciono) che è molto bella e ha degli occhi meravigliosi. Abita a 200 metri di distanza da casa mia, ma è impegnata e non penso sia interessata ad altro.

In conclusione ho ritenuto saggio non provarci con loro, anche perché conosco di vista i rispettivi mariti/compagni e loro conoscono me.
In ogni caso, se anche fossero state single, sarebbero mancati diversi livelli di compatibilità mentale e caratteriale, oltre al sentimento vero e proprio.
Non m’interessa interagire con qualcuna che non abbia i miei stessi interessi “casalinghi”. E una così o la trovo su Internet oppure niente; di sicuro non in un locale notturno, che non frequento perché non gradisco l’ambiente.
È possibile che, per puro caso, questa fantomatica anima gemella si sia trovata a poca distanza da me mentre facevo la spesa in un supermercato. Ma non sono il tipo da attaccare bottone con le sconosciute.
Come ho scritto in un altro articolo, prima di conoscere voglio conoscere. E l’interesse deve nascere spontaneo.
In conclusione Internet era, è e rimarrà il mio mezzo principale per socializzare. Forse è per questo che parlo tanto di me nel blog: per dare all’eventuale lei – anch’essa dalle abitudini simili alle mie – la possibilità di conoscermi indirettamente senza che debba esporsi prima del tempo. Per coincidenza, è la stessa cosa che solitamente scelgo di fare anch’io.

Vittorio Tatti

Ennesima ripartenza

Nel caso non l’abbiate notato, ho azzerato il blog. Nel senso che ho cancellato tutti gli articoli (tranne quelli che più mi rappresentano) scritti prima di oggi.
Ero indeciso se chiudere il blog e aprirne un altro o continuare con questo, ma sinceramente non riesco a immaginare un desiderio più grande dell’estinzione umana. Per il momento sono ancora presente nel secondo blog.
Da oggi non includerò più immagini generate dall’IA, perché ho letto che la loro creazione ha come conseguenza un elevato impatto ambientale.
Anche se c’è già una pagina che sintetizza chi sono, ne approfitto per presentarmi brevemente a chi si è aggiunto/a di recente.

Le cose più importanti di me da sapere sono due.
La prima è che sono misantropo. Odio la specie umana, l’antropocentrismo, l’ingiustificata credenza dell’essere umano di poter disporre a proprio piacimento dell’ambiente e degli animali. L’unica soluzione per mettere fine a questo scempio è una: l’estinzione umana senza possibilità di redenzione, la morte totale di ogni singolo umano presente sul pianeta.
La seconda è che sono animalista, con tutto ciò che ne consegue. Sono vegano per logiche ragioni: è facile dire di amare gli animali e continuare a nutrirsene. Ho le mie preferenze: adoro i gatti (al momento ne ho tredici) e non sopporto i cani (sono troppo legati, da un punto di vista evolutivo, agli umani).
Riepilogando: misantropo, animalista, vegano, gattofilo/gattaro. Questo mio essere è sintetizzato alla perfezione nel racconto Nella mente di un misantropo animalista (spoiler: muoiono tutti). Qui descrivo nei tempi e nei modi quella che ritengo essere la mia fantasia definitiva e in nessun altro modo eguagliabile, né ora né mai.

Sono single. Anzi, utilizziamo il corretto termine italiano: celibe. Lo sono anche per scelta. Non mi dispiacciono le relazioni sentimentali, a patto che la lei di turno sia in buona percentuale compatibile. In sua mancanza, anche nella solitarietà sto benissimo.
Quando dico “lei” intendo una femmina vera (cit. Rowling). Quindi una femmina munita di vagina fin dalla nascita. Trattandosi di intimità pongo dei paletti assolutamente invalicabili: niente gay e niente trans. Sono eterosessuale fino al midollo e non sono assolutamente curioso di sperimentare qualcosa di diverso.
Non ho e non voglio avere figli: il mondo è già sovrappopolato a sufficienza.

Mi ritengo una persona molto casalinga e questa attitudine si riflette anche nelle mie passioni: scrivere, leggere, guardare film, serie tv e anime, videogiocare. Odio viaggiare, soprattutto perché starei a contatto con la gente per un tempo indefinito. Se potessi non uscirei di casa nemmeno per fare la spesa.
Tuttavia non mi dispiace passeggiare di tanto in tanto in dolce compagnia. Mete privilegiate: campagna boschiva, mare (in inverno), librerie, musei e centri storici (se non ci sono fiere, sagre ed eventi). Ovviamente escludo a priori acquari, zoo, circhi e ogni luogo di detenzione e sfruttamento animale.

Adoro l’isolamento, più che altro dagli umani. Con risultati deludenti aspiro da tempo a cercare di trasferirmi in una casa indipendente e isolata. Non m’interessa stare in una villa con piscina e giardino: l’importante è che sia abbastanza grande per ospitare me e i gatti. E che il vicino di casa più vicino sia a qualche chilometro di distanza da me.
Se ne avessi la possibilità vivrei con somma gioia in un rifugio antiatomico perché, insieme all’isolamento, mi inebriano il silenzio, il buio e gli ambienti claustrofobici.

Al momento svolgo il lavoro di bibliotecario. Per le ragioni elencate sopra preferirei lavorare e vivere in un rifugio per animali (sottinteso: in un luogo isolato), meglio se con gatti e senza cani.
Sono ateo agnostico, non sono né scaramantico né superstizioso. Credo solo in quello che vedo, e a volte nemmeno in quello. Salvo evidenti prove a disposizione, considero gli umani inaffidabili a prescindere.
Detesto ogni forma di religione. Mi fido della scienza, ma non l’approvo per la sua mancanza di etica quando si tratta di sottomettere, sfruttare e uccidere gli animali. In questo senso religione e scienza continuano a conservare entrambe una visione disgustosamente antropocentrica.
Detesto gli umani tanto quanto i loro vizi: alcolici, sigarette, droghe, gioco d’azzardo e tutto ciò che crea dipendenza.

Adesso ne approfitto anche per annunciare l’uscita del mio ultimo romanzo: L’ultima impronta sulla terra.
Proposto inizialmente tramite una casa editrice che non mi ha sostenuto a sufficienza sul fronte promozionale, ho chiesto e ottenuto la rescissione anticipata del contratto. Libero da qualsiasi vincolo, ho deciso di autopubblicare anch’esso.
Sicuramente da solo non ho né i mezzi né la volontà di dilungarmi troppo in pubblicità atte a venderlo. Come dico sempre: chi vuole acquistarlo lo acquisti, altrimenti pazienza.
Vi lascio con la trama e la presentazione. Se avete domande chiedete pure.

In una Genova di una realtà parallela si svolgono le avventure di tre giovani amici: Roberto, Elena e Michael. In seguito all’improvvisa comparsa di mostri dalle origini sconosciute, il gruppo cerca di sopravvivere quasi clandestinamente in un mondo nel quale l’umanità è stata completamente annientata, prima ancora che dai mostri, dalla mancanza di valori etici e morali annichiliti da potenti influencer. Riusciranno i tre amici a resistere o soccomberanno? L’umanità tornerà com’era prima? E sarebbe veramente un bene se accadesse?

Sono stato motivato a scrivere questa storia per la tematica di base affrontata (l’abuso della tecnologia), ma anche perché ho trasmesso un po’ di me in ognuno dei cinque personaggi principali presenti nel racconto.
Essendo cresciuto col Commodore 64 nella seconda metà degli anni ’80 (quando i computer erano roba da nerd sfigati), ho assistito prima allo sviluppo tecnologico in ambito domestico e poi al lento declino intellettivo, sociale e morale della massa a causa dell’analfabetismo digitale (e non solo…). Ne parlo per esperienza diretta, non servendomi di nozioni apprese da fonti esterne non verificate.
È come se, a un certo punto della scala evolutiva dell’homo sapiens, qualcosa si fosse inceppato e avesse intrapreso il cammino inverso, ma con gli smartphone al posto delle clave.

Questo declino ha portato alla nascita di mostri quali social network e influencer egomaniaci o addirittura con tendenze criminali. Ed è su di loro che si concentra la mia cinica, ma verosimile e fondata, critica.
Plasmando le avventure dei cinque protagonisti mi sono ritrovato spesso a pensare tra me e me: “Possibile che sia l’unico a essere profondamente disgustato dalla brutta piega che ha preso la società?”. E me lo chiedo pure adesso, mentre mi rivolgo direttamente a voi: possibile che solo io mi senta un alieno in un mondo quasi del tutto privo di etica e morale (soprattutto nei confronti degli animali)?
Se è così, nessuno si stupisca che sia diventato misantropo. Se invece non lo è, possiamo provare a intraprendere insieme un viaggio alla (ri)scoperta di valori perduti o di celebrarne di nuovi.

I cinque protagonisti mi rispecchiano, soprattutto due di loro. Perché questa storia non è solo pregna di odio nei confronti della società e degli umani, ma anche di amore nei confronti degli animali. In primis i gatti.
Essere animalista, vegano e gattaro/gattofilo estremizza ancora di più i miei sentimenti negativi indirizzati ai miei simili. C’è da stupirsi?
Nel 2024 sembra ancora fantascienza il desiderio di vedere gli animali finalmente liberi dal giogo dell’antropocentrismo. Eccolo il vero male della nostra epoca: l’antropocentrismo, il ritenerci superiori agli animali sotto ogni aspetto.
Non ci siamo ancora evoluti. Forse non ci evolveremo mai.
Ripongo le mie uniche speranze in un qualche tipo di evento apocalittico che possa condurci all’estinzione. Con le buone o con le cattive.
Chiamate questo evento come volete: karma, giustizia, castigo divino. Sfido lo stesso chiunque a ribattere che non sarebbe meritato.

Vittorio Tatti

Golbosfera

In questo articolo parlerò della Golbosfera (golb è blog al contrario, quindi golbosfera in sostituzione di blogosfera), una sorta di universo virtuale di mia creazione riservato agli/alle amanti della riflessione, della tranquillità, dei sogni e della fantasia. Ma non solo.

La Golbosfera si trova in una zona spaziotemporale indefinita che potrebbe essere più vasta dell’universo, ma anche talmente densa e microscopica da essere confinabile sulla capocchia di uno spillo.
Lì il principio di indeterminazione di Heisenberg non si applica, perché è osservabile solo dall’interno e mai dall’esterno. Di conseguenza esiste e non esiste; e qui si potrebbe invece applicare il paradosso del gatto di Schrödinger, se non fosse che noi i gatti li vogliamo sempre e solo vivi. Ma non poteva usare la suocera come cavia?
Nella Golbosfera si trova una struttura immaginaria omonima, volatile ma costantemente presente: immaginatela come un ostello. Le sue dimensioni volumetriche non sono mai statiche, perché variano in base al numero di ospiti presenti.
Alla Golbosfera vi si può accedere solo dopo le ore 23:00 e solo quando ci si trova nel proprio letto. Non occorre alcun invito: è sufficiente chiudere gli occhi e lasciarsi trasportare dalla fantasia.
Un minuto nella realtà equivale a ventiquattro ore nella Golbosfera; in questo modo è possibile compensare le differenze temporali dovute al fuso orario.
L’abbigliamento all’interno della Golbosfera è semplice e informale: pigiama, vestaglia e pantofole. Il nudismo non è consentito, mi spiace.
La Golbosfera è suddivisa in due zone e ha dei parametri immutabili che elencherò nel corso della descrizione.

La prima zona è formata unicamente da stanze singole. Qui ogni ospite può accedere liberamente e senza restrizioni allo spazio a lui/lei assegnato, ma non può in alcun modo ricevere visite. Leggendo nella mente e nel cuore della persona, la stanza materializza istantaneamente l’arredamento più affine ai suoi sentimenti e desideri.
L’ospite può decidere la temperatura della stanza, l’ora del giorno e quale attività svolgere. Ogni stanza è insonorizzata e non c’è il rischio di disturbarsi a vicenda. C’è anche un bagno privato munito di wc, lavandino, bidet, doccia e vasca. Uscendo dal bagno è sufficiente chiudere la porta per farlo tornare lindo e pulito com’era prima di averlo usato.
Sono disponibili un piccolo frigo, un forno elettrico e un lavandino che eroga acqua potabile. Gli alimenti sono in linea con i gusti della singola persona, ma sono tutti di origine vegetale e non animale, così come i materiali disponibili all’interno della Golbosfera.
C’è ampia libertà di scelta sulle attività che si possono svolgere in una stanza: dormire, pensare, leggere, scrivere, guardare film, videogiocare, mangiare, cantare, ballare e tanto altro, ma niente di pericoloso e nocivo.
Un elemento in comune con tutte le stanze è l’ambiente esterno. Se è stata scelta una stanza munita di finestra, si potrà ammirare un panorama immutabile: montagne innevate in lontananza, boschi, prati fioriti, ruscelli e stagni nelle immediate vicinanze dell’ostello. L’ambiente è incontaminato e non c’è alcun segno di antropizzazione a eccezione dell’ostello.

La seconda zona è in condivisione con altri ospiti, ma vi si può accedere solo provando un disinteressato amore per i gatti. Non c’è assolutamente alcun modo di trasgredire a questa regola.
Se amate i gatti, spalanchiamo le porte della grande sala comune.
Qui potrete conversare liberamente con altri ospiti, in gruppi o in coppie. Come sottofondo udirete il ticchettio di un orologio a pendolo, il fuseggiare dei gatti, lo scoppiettio della legna nel camino e il tenue chiacchiericcio degli ospiti, i quali sono cordialmente invitati a mantenere un certo decoro per non risultare molesti.
L’ora del giorno è fissa sulle 23:00 e non si può alterare; le scorrere delle ventiquattro ore è impercettibile per gli ospiti. Le luci calde emanate dalle lampade da parete (niente lampadari) sono artificiali, ma tenui e soffuse per non affaticare la vista. Anche la temperatura è stabile sui 20 °C. Il pavimento è ricoperto interamente da un tappeto di un colore che ricorda quello della sabbia del deserto; chi vuole può togliere le pantofole e camminare scalzo/a.
Ci sono poltrone, divani, sedie a dondolo, cuscini e kotatsu (i tavolini giapponesi muniti di coperte e riscaldamento). Ogni ospite può accomodarsi dove desidera e ha la facoltà di spostare il mobilio per aggregarsi ad altre persone o rimanere più defilato.
Sono tollerati consensuali approcci sentimentali di coppia mantenendo un certo contegno, ma non volgari ammucchiate finalizzate a soddisfare effimeri bisogni carnali.

Nella Golbosfera (stanze private incluse) sono banditi alcolici, bevande energetiche, sigarette, ogni tipo di sostanza stupefacente o che abbia la capacità di alterare lo stato mentale. A richiesta, servendosi di un distributore automatico dalle fattezze di una credenza ottocentesca in stile provenzale, nella sala comune viene servito l’infuso di tè, disponibile in tutte le varianti esistenti e personalizzabili: deteinato, aromatizzato, Oolong, Earl Grey e via dicendo. Chiedete e vi sarà dato, senza limiti.
Sui tavolini si possono trovare plance per giocare a dama, scacchi, go, mahjong, tombola e così via, oltre a mazzi di carte (incluse quelle collezionabili) e diversi giochi di società. Ci sono anche taccuini e penne a disposizione, nel caso si voglia giocare di ruolo. Non è in alcun modo consentito il gioco d’azzardo.
Volendo si può semplicemente conversare appartandosi accanto al grande camino a legna che illusoriamente riscalda e illumina la stanza comune. Si può anche leggere prelevando un libro da una delle librerie presenti nelle nicchie murarie.
Se tutti gli ospiti presenti sono d’accordo, è possibile servirsi di un piccolo palco per recitare le proprie poesie.
Come anticipato sono presenti dei gatti, tantissimi gatti. Stazionano tra la Golbosfera e il Gattoverso, per questo non ne vedrete mai più di una ventina per volta. In genere ronfano nelle cucce, ma possono anche passeggiare liberamente e, volendo, interagire con gli ospiti.

Chi vuole respirare un po’ di aria fresca può uscire in veranda o salire in terrazza.
L’ambiente è il medesimo osservabile dalle finestre delle stanze, ma l’ora e la temperatura coincidono con quelle della sala comune (23:00 e 20 °C).
Si può ammirare il cielo stellato senza inquinamento acustico e rumori derivanti da attività antropiche. Una barriera invisibile impedisce di allontanarsi dalla veranda o di cadere dalla terrazza; ha effetto sia sugli ospiti sia sui gatti, quindi non c’è pericolo che scappino.
Nella veranda non c’è alcun mobilio, ma si può utilizzare quello presente nella sala. Invece in terrazza sono stati predisposti dei comodi materassini sui quali adagiarsi per rilassarsi mentre si ammira il cielo stellato, immaginando di fluttuare senza peso nello spazio profondo. Sempre qui si possono utilizzare i binocoli a infrarossi per ammirare la fauna da lontano.
L’ostello è illuminato all’esterno per facilitare gli spostamenti, ma le lampade possono essere spente in qualunque momento.

Nell’arco delle ventiquattro ore di soggiorno si può socializzare con altri ospiti così come isolarsi completamente da loro. Inoltre è possibile andare e venire dalla stanza o dalla sala comune senza limitazioni (se non quella relativa ai gatti). Tuttavia il contenuto della stanza si smaterializza se supera la soglia della porta, mentre una barriera invisibile impedisce di introdursi in stanze diverse dalla propria.
Scaduto il termine delle ventiquattro ore ci si risveglia nel proprio letto e l’esperienza nella Golbosfera viene vissuta come un sogno, perdendo la memoria dei volti e dei nomi derivanti da eventuali interazioni sociali.
In caso di successivo soggiorno non si può escludere di conoscere persone nuove, così come di ritrovarne di vecchie, proprio come nella blogosfera.
L’appuntamento è fissato ogni notte allo scoccare delle ore 23:00, con stanze che variano di continuo struttura e arredamento in relazione anche al proprio stato d’animo. Perché potete anche mentire a voi stessi, ma la Golbosfera è in grado di scrutarvi dentro.

Trascorre la notte, altre immagini si susseguono nella mente, gli occhi si riaprono. È il momento della penitenza e di un nuovo giorno nel mondo reale.

Vittorio Tatti