Shakespeare diceva: meglio arrivare tre ore in anticipo che un minuto in ritardo. Io, che sono più tollerante, mi accontento di un anticipo di dieci minuti.
Detesto i ritardi, soprattutto se a tardare è la mia ragazza e ci siamo dati appuntamento per un incontro romantico.
Se abbiamo stabilito di vederci, per fare un esempio, alle 9, vuol dire che a quell’ora dobbiamo trovarci entrambi nel luogo stabilito. Non vuol dire che alle 9 inizi a prepararti, e nemmeno che a quell’ora esci di casa o prendi il treno (o l’auto). Vuol dire quel che vuol dire, senza fantasiose interpretazioni semantiche.
Poi possono capitare i contrattempi, non lo nego. Ma ci sono quelli evitabili e quelli no. Se subisci il ritardo perché avevi calcolato di arrivare a filo oppure un paio di minuti dopo, allora ti dovevi svegliare prima. E quindi sei imperdonabile.
Se arrivi in ritardo faccio finta di niente, ti dico che non è un problema e il discorso termina lì, ma dentro di me ti ho già marchiata a vita e prega di non essere recidiva, perché alla prima occasione sta’ sicura che ti rinfaccerò tutto senza vergogna alcuna.
Mi spiace, ma non meriti comprensione. Se consideri il tuo tempo trascorso con me sprecato, puoi anche non farti più vedere (preferibilmente dopo avermi avvisato).
E ricorda che sei tu nel torto, perché oltre al ritardo in sé e alla mia perdita di tempo, si aggiunge anche la mancanza di rispetto.
Vittorio Tatti