Innamorato dell’amore

Qualche giorno fa una donna mi ha detto che sono innamorato dell’amore. Sebbene l’osservazione fosse nata in seguito a un suo discorso sull’astrologia (alla quale non credo), l’ho ritenuta calzante. Sicuramente molto più di quella della tipa che mi accusava di fare il cascamorto con tutte. Se nasce un certo tipo d’interesse potrei essere tentato di provarci, ma concentrarsi sulla singola è ben diverso da provarci con tutte indistintamente e senza criterio.

Cosa vuol dire essere innamorato dell’amore? La sua definizione è così ambigua che potrebbe realmente significare provarci con tutte (o tutti, ché pure le donne hanno dei bisogni da soddisfare). Ma non per me.
Penso che voglia dire provare piacere in tutta quella fase che parte dal primo approccio, continua con il corteggiamento e la conoscenza e si conclude con l’atto sessuale.
Questo spiegherebbe bene perché abbia così tante difficoltà a gestire a lungo termine una relazione sentimentale che, per forza di cose, include parecchi elementi estranei all’interazione di coppia: parenti, amici, lavoro, passatempi e tempo trascorso insieme (al di là della distanza geografica).

Cito alcuni dei miei romanzi preferiti che parlano d’amore: Cime tempestose, I dolori del giovane Werther, Le affinità elettive, Storia di una capinera, Ultime lettere di Jacopo Ortis, La signora delle camelie e Il ritratto di Dorian Gray. Limitandomi alle singole coppie: Eros e Psiche, Romeo e Giulietta, Penelope e Ulisse, Euridice e Orfeo, Paride e Elena, Tristano e Isotta, Lancillotto e Ginevra, Paolo e Francesca.
Cos’hanno in comune queste storie, queste coppie? Sono romantiche sì, ma anche tragiche. Sono quelle che preferisco per l’intensità del sentimento dimostrato.
Non parliamo di coppie da “mutuo sulla casa”, ma di un uomo e una donna che, come due poli magnetici opposti, vengono attratti l’uno all’altra senza possibilità di sfuggire al proprio destino.

Potrei dire una scemenza, ma a mio modo di vedere si è perso l’interesse per il desiderio, la passione, l’ossessione (se mi passate il termine senza accezioni negative). Le coppie odierne sono sottoposte a eccessivi stimoli esterni e le maggiori possibilità di conoscere l’anima gemella dall’altra parte del mondo mutano in una collezione di svaghi sessuali a perdere.
Passi pure la paura di rimanere da soli/e: non dovrebbe essere un fattore di scelta, ma lo è. Molte persone subiscono un’elevata pressione sociale da parte di genitori, parenti alla lontana o anche amici solo perché, a loro modo di vedere, dovrebbero essere utili alla società mettendosi insieme per sfornare figli.
Politica e religione non aiutano in tal senso. La prima elargisce bonus e sussidi per convincere le coppie a procreare; se poi non hai né lavoro né casa né soldi, ti arrangi.
La religione minaccia castighi divini e la dannazione eterna se si preferiscono cani e gatti ai figli umani.

Se fossimo in pochi sul pianeta e avessimo tutti un ruolo essenziale avrebbe un minimo di senso. Invece non solo il pianeta è gravemente sovrappopolato, ma molte, troppe persone non hanno nemmeno la possibilità di realizzare i propri sogni perché risucchiate e stritolate in ignobili ingranaggi sociali.
Si dice che occorrono figli, quando già ci sono milioni di bambini che muoiono di fame o vengono sfruttati in tanti modi. Si dice che occorrono lavoratori, ma guardiamo quanti disoccupati ci sono e quanti ce ne saranno a causa dell’avvento dell’IA e di un’automazione sempre più mirata al profitto.
Si punta esclusivamente sul numero e non sulla qualità di chi già c’è.

Non accetto paternali sul fatto di dovermi mettere insieme a una donna per assecondare una società che detesto. Un uomo e una donna dovrebbero formare una coppia se e solo c’è un reale interesse reciproco.
Ma, come scritto sopra, gli elementi di disturbo sono tanti, pressanti e molesti. Parecchie coppie si formano prematuramente un po’ per superficialità e immaturità e un po’ per il timore del giudizio altrui.
Nel corso degli anni ho avuto modo d’interagire con diverse donne sposate. In più di un’occasione mi sono chiesto cosa le spingesse a tradire i propri mariti. Gran parte di loro mi rispondevano di non trovarsi bene con loro, per semplificare. Penso che il discorso si possa applicare anche a parti invertite, ma adesso sto raccontando solo la mia esperienza diretta.

Al mio suggerimento di divorziare le risposte più gettonate sono state: impossibilità a persuadere il marito (non necessariamente violento), figli in comune, difficoltà a inserirsi in un percorso lavorativo autonomo, parere contrario dei genitori di queste donne e la paura di rimanere sole.
Posso capire che non sia facile accettare a cuor leggero un divorzio dopo tanti anni di vita insieme. E capisco anche non voler stravolgere le abitudini dei figli. Anche il lavoro, dopo una vita da casalinga (che, a mio parere, dovrebbe essere un lavoro retribuito mensilmente dallo Stato), è parecchio difficile da trovare.
Ma i genitori perché dovrebbero avere voce in capitolo? E la paura della solitudine non potrebbe spingerti a iniziare una relazione con la persona sbagliata? Queste ultime due, obiettivamente, non mi sono sembrate argomentazioni convincenti.

Il punto è anche questo: talvolta le coppie nascono da presupposti errati. A un certo punto, anche a causa di quei fattori estranei già citati, per forza di cose qualche problema s’incontra lungo il cammino e non sempre è possibile correggere la rotta a navigazione iniziata. Se poi la relazione non è nata per amore ma per interesse allora il destino pare segnato.
A un certo punto la magia dell’amore (o presunto tale) viene offuscata dalle interferenze sociali.
Quindi sì: è vero che sono innamorato dell’amore, di quel legame intimo che unisce uomo e donna. Loro due soltanto, come dovrebbe essere. La gestione di tutto il resto invece è difficoltosa e, a quanto pare, non alla portata di chiunque.

A mio modo di vedere una relazione può essere vista come una stella a cinque punte. Le punte sono quelli che considero gli elementi basilari e immancabili per un rapporto stabile: attrazione fisica, attrazione mentale, compatibilità, complicità e spontaneità.
Attrazione fisica e mentale sono note a tutti. Anche la compatibilità ha un significato evidente e indica l’avere interessi in comune. La complicità è il sapersi sostenere a vicenda, difendendo a spada tratta i pensieri dell’altra metà della coppia. La spontaneità abbraccia tutto, perché quello che si prova è puramente voluto e desiderato, non imposto e non condizionato.
Purtroppo lo stile di vita moderno costringe le due parti di una coppia a trascorrere sempre meno tempo insieme. Si lavora sempre più lontano e per parecchio tempo. E volete che parenti e amici non rivendichino la propria fetta di attenzioni? Se ci sono pure dei figli va anche peggio.

Viene da chiederselo: ‘ste benedette coppie quand’è che trovano il tempo per stare insieme? Devono accontentarsi ogni volta delle briciole durante qualche fine settimana o festività comandata? Forse a qualcuno può andare bene, ma il fatto che gli altri decidano per me quando stare con la donna che amo non è che sia tanto piacevole. La spontaneità dovrebbe riguardare anche questo aspetto.
È un caso un po’ estremo, ma vero: c’è chi si organizza per fare sesso il sabato sera, come se fosse un evento epocale e come se l’umore si potesse manovrare a proprio piacimento.
Possibile che non ci sia il desiderio in ogni altro momento della settimana? Magari prendere un permesso dal lavoro e andare a spassarsela in un posto isolato, o anche a casa propria (dopo aver spento gli smartphone).
Io non ci riuscirei ad accendermi a comando: ho bisogno di tutta una fase di preliminari (verbali e gestuali), provocazioni, allusioni, qualcosa che accenda la scintilla. Altrimenti è solo ginnastica.

Per esempio usciamo insieme per andare a fare una passeggiata. Arrivati a destinazione ci sediamo su una panchina per parlare, tenendoci per mano. Scambiamo qualche sguardo furtivo e bacio sulle labbra. La mano di lei si appoggia sulla mia gamba. La panchina è troppo in vista: andiamo in un posto chiuso. Entriamo in un negozio di abbigliamento. Lei prende un abito a caso per provarlo nel camerino. Io vado con lei. Si spoglia. Le prendo la mano per avvicinarla a me. Sento il suo seno premere sul mio petto. Mi sbottona i pantaloni. Ci baciamo, lasciando che le nostre mani seguano l’impulso del momento. Le sbottono il reggiseno, lei alza la mia maglietta.
Poi arriva quella rompicazzo della commessa per chiedere se ci sono problemi.

Ho reso l’idea di come dovrebbe essere un atto spontaneo, giusto? Non è solo questione di sesso, se c’è anche un forte legame emotivo e sentimentale.
Per quanto sia il primo a riconoscere che l’ossitocinometro ai massimi livelli dipenda unicamente da una reazione chimica che si scatena nel cervello, è anche indubbio che è un piacere puro, non imposto dai tempi dettati dagli altri e nemmeno da sostanze estranee all’organismo (non capisco che senso abbia ubriacarsi per fare sesso, se non accorgersi a scoppio ritardato che forse non è stata una mossa intelligente).
Per me è questo che significa essere innamorato dell’amore. Non provarci con tutte a casaccio, ma trovare un’altra persona alla quale dare tutto. Parlo di piacere reciproco e consensuale, ché sennò qualche femminista murgiana tira in ballo il patriarcato, la possessività e l’amore tossico.
Se un uomo e una donna, una volta tanto, vogliono stare insieme senza genitori, figli e colleghi di lavoro in mezzo alle palle saranno pure fatti loro, no?

Com’è facile immaginare, essere innamorati dell’amore è una rogna, almeno rispetto a chi si accontenta di una botta e via o di chi si considera asessuato. Trovare una donna che possegga tutte le cinque punte della stella è un’impresa assai ardua.
Se nel virtuale è complicato, nel reale lo è ancora di più. Credete che non ci abbia provato? Che se potessi non sceglierei di stare con qualcuna che abiti a meno di 10 chilometri di distanza da casa mia?
Adesso sono l’unico a gestire la biblioteca, ma anche prima la situazione non è che fosse più rosea. Escludendo ovviamente la parte maschile, quella femminile non era considerabile in tal senso, almeno per quello che cerco in una donna.
C’è una ex bibliotecaria – che ora svolge tutt’altro lavoro – che trovavo fisicamente attraente. Solo che era sposata e probabilmente non interessata a me in quel senso.
Qualche volta veniva una mamma per prendere in prestito dei libri per il figlio. Sposata anche lei.
Con le volontarie gattare la situazione è più o meno analoga. C’è una ragazza con i piercing (che a me, personalmente, non piacciono) che è molto bella e ha degli occhi meravigliosi. Abita a 200 metri di distanza da casa mia, ma è impegnata e non penso sia interessata ad altro.

In conclusione ho ritenuto saggio non provarci con loro, anche perché conosco di vista i rispettivi mariti/compagni e loro conoscono me.
In ogni caso, se anche fossero state single, sarebbero mancati diversi livelli di compatibilità mentale e caratteriale, oltre al sentimento vero e proprio.
Non m’interessa interagire con qualcuna che non abbia i miei stessi interessi “casalinghi”. E una così o la trovo su Internet oppure niente; di sicuro non in un locale notturno, che non frequento perché non gradisco l’ambiente.
È possibile che, per puro caso, questa fantomatica anima gemella si sia trovata a poca distanza da me mentre facevo la spesa in un supermercato. Ma non sono il tipo da attaccare bottone con le sconosciute.
Come ho scritto in un altro articolo, prima di conoscere voglio conoscere. E l’interesse deve nascere spontaneo.
In conclusione Internet era, è e rimarrà il mio mezzo principale per socializzare. Forse è per questo che parlo tanto di me nel blog: per dare all’eventuale lei – anch’essa dalle abitudini simili alle mie – la possibilità di conoscermi indirettamente senza che debba esporsi prima del tempo. Per coincidenza, è la stessa cosa che solitamente scelgo di fare anch’io.

Vittorio Tatti