La banalità del dolore

Ciro aveva dieci anni quando si gettò dalla finestra della casa nella quale abitava.
Era un appartamento malandato e insalubre sito al sesto piano di un condominio abitato in prevalenza da immigrati e persone a basso reddito.
Nonostante ciò, ad aver spinto il bambino all’estremo gesto furono i genitori adottivi: due essere spregevoli che avevano inferto a Ciro ogni tipo di inenarrabile abuso fisico e psicologico.
Quella non era la prima morte di Ciro, o meglio: non era la prima volta che, l’anima adibita a occupare quel corpo, si era spinta al suicidio.
In quasi duecento anni, quell’entità astratta si era reincarnata in corpi di individui dalla sorte grama.
Una volta si era trattato di Manuel, un muratore ecuadoriano che viveva in una bidonville; il lavoro scarseggiava, ma la fame era perennemente presente.
Ultimo di cinque fratelli – e con genitori irresponsabili che non pensavano alle conseguenze di far nascere dei figli che non erano in grado di mantenere –, si era tolto la vita quando un ricco signore inglese gli aveva offerto soldi per mantenere la sua famiglia: in cambio Manuel avrebbe dovuto cedere i propri organi vitali per permettere al figlio del ricco inglese di sopravvivere a un grave incidente.
In seguito l’anima si era reincarnata nel corpo di Sandra.
La ragazzina, dedita all’abuso di alcolici e droghe pesanti, era una star di Internet e idolatrata da centinaia di coetanee.
Partecipava in diretta a pericolose sfide nel tentativo di guadagnare fama e successo.
L’ultima, scattare un selfie nei pressi di un treno in arrivo, le era stata fatale.
Le sue seguaci, ignoravano che Sandra si era lanciata di proposito sui binari al sopraggiungere del treno: la tensione di dovere e volere essere costantemente al centro dell’attenzione l’avevano logorata.
La serie di tragiche morti scaturite da misere condizioni di vita, iniziata con Manuel e Sandra e conclusa con Ciro, aveva preso via via i nomi di Hikari, Arthur, Penelope, Diego e Susan, oltre al gatto Vlad, al cavallo Sigur e al ragno Alfred.

Ogni volta che un’anima lasciava un corpo defunto, la memoria delle vite precedenti tornava prepotentemente a galla; fino alla successiva reincarnazione, inoltre, manteneva l’aspetto e il nome dell’ultimo corpo posseduto.
Dopo aver abbandonato il corpo di Ciro, l’anima proseguì il proprio volo laddove tutte le anime attendevano il momento di prendere possesso di un corpo: nel Limbo del Silenzio.
A occuparsi di loro c’erano altre entità immateriali conosciute come angeli.
Questi ultimi avevano il compito di smistare le anime nelle varie zone dell’universo, contribuendo a mantenere equilibrio, ordine e disciplina.
Quel giorno, anziché attendere diligentemente il proprio turno, Ciro si avvicinò all’angelo custode delle anime della Terra – le anime di una determinata zona non potevano essere assegnate a un’area differente – e presentò le proprie rimostranze:
«Angelo, perché mi fai reincarnare sempre in persone povere o sofferenti? Per questa volta non puoi fare un’eccezione e consentirmi di vivere un’esistenza rispettabile e felice?».
L’angelo, il quale non si era mai ritrovato in una situazione analoga, spiegò a Ciro il funzionamento della reincarnazione:
«Io non dispongo di alcun potere decisionale in tal senso. Non scelgo deliberatamente di farti nascere in una famiglia di reietti: quello spetta alla tua impronta dell’anima».
«L’impronta dell’anima?», domandò Ciro, non conoscendo la terminologia della reincarnazione.
L’angelo, cercando di sintetizzare per non perdere tempo, gli raccontò il procedimento:
«L’impronta dell’anima ti costringe a reincarnarti in corpi ai quali toccano a tutti la medesima sorte: nel tuo specifico caso, si può dire che tu sia destinato a soffrire. La prima reincarnazione è sempre casuale, ma condiziona inevitabilmente tutte quelle successive. Non c’è modo di liberarsi da questo vincolo convenzionale: le leggi della reincarnazione sono immutabili ed eterne. Mi dispiace, non posso fare nulla per te. Però posso limitarmi a un consiglio: accontentati. Prova a vedere il lato positivo anche nel non avere alcun motivo per essere felice. Alcuni individui ci riescono e vivono un’esistenza all’insegna dell’apatia e della passività».
«Ma io sono stanco di soffrire… Sono stanco di vivere nell’illusione di poter migliorare la qualità della mia vita… Sono stanco di vedere sogni e desideri infrangersi e crollare dinanzi ai miei occhi…», sottolineò Ciro, ormai stremato dall’ineluttabile fato avverso. «Anche se a ogni rinascita perdo la memoria delle vite precedenti, avverto il peso del dolore accumularsi e diventare sempre più schiacciante e insostenibile… Non puoi fare qualcosa per me? Preferirei addirittura che non mi facessi più rinascere… Vorrei tanto smettere di soffrire, di piangere, di essere sfiduciato, di avere paura…».

L’angelo si adagiò in una pausa riflessiva. Ciro non era a conoscenza che, anche quelle entità spirituali, potevano agire entro determinati limiti, dovendo rimanere imparziali.
Rimasero entrambi in silenzio, fino a quando l’angelo tentò un ultimo disperato tentativo per far sì che Ciro fosse in grado in accettare il proprio destino:
«Come ti ho già spiegato, non ho modo di direzionare la tua reincarnazione. Però mi è consentito applicare una clausola, se così possiamo chiamarla. Vuoi sapere qual è?».
Ciro annuì speranzoso.
«Posso privarti della tua impronta dell’anima», spiegò l’angelo, così convinto di far desistere Ciro dal proprio intento. «Senza di essa ti reincarnerai in un oggetto inanimato, come una sedia, una lampadina o un sasso. In via del tutto ipotetica, potresti anche vivere secoli o millenni a osservare il nulla. Solo per farti un esempio, potresti reincarnarti in una roccia situata nelle profondità oceaniche. Ma attenzione: sappi che manterrai la tua consapevolezza e non potrai più lasciare quel corpo, se non dopo la sua completa distruzione. Non proverai dolore, ma non manterrai nemmeno quelle emozioni che provocano benessere spirituale. Sei sicuro di volertene privare, per quanto labili e incostanti tu le possa percepire? Ti rammento che la prima reincarnazione è casuale e quella determinerà tutte quelle successive. Ah, c’è un altro dettaglio importante che devi conoscere: una volta persa l’impronta dell’anima, non te ne verrà mai più assegnata una, quindi rimarrai ancorato per sempre agli oggetti inanimati».
«Non è obbligatorio provare emozioni; vorrei che non lo fosse nemmeno esistere, ma vedrò di accettare la situazione. Bene, sono pronto: finalmente smetterò di soffrire». esclamò convinto Ciro.
L’angelo esaudì la richiesta e l’anima cessò di avere le sembianze e il nome di Ciro.

Nessuno sapeva dove sarebbe finita quella triste e infelice entità spirituale: l’ultimo pensiero del trapassato Ciro fu che, finalmente, si era liberato del soffocante fardello della vita.
Se avesse avuto il viso e le labbra, avrebbe sicuramente sorriso.

© Vittorio Tatti

Animanera

Giustamente non ve ne fregherà niente, ma è disponibile su Amazon e altre librerie online la mia nuova raccolta poetica: Animanera.
Nutrivo da tempo l’idea di pubblicarla, ma prima ho preferito dare la precedenza al romanzo L’ultima impronta sulla terra in quanto era già pronto da un anno e mi stavo stancando di procrastinare a oltranza.
Titolo, copertina e sinossi dovrebbero dare una chiara idea del tipo di contenuto della raccolta, quindi non mi dilungherò oltre. In ogni caso allontanate da voi qualsiasi speranza di leggere versi su fiori, arcobaleni, fate, unicorni, amicizia, inclusività, etc.
Finalmente mi sono tolto anche questo peso dalle (s)palle. Non scrivere: quello non è mai un peso. Convertire un semplice testo per il formato epub è, invece, una rogna galattica. Sia sempre maledetto chi ha inventato quell’orrendo formato.

Allo stato attuale mi rimane da pubblicare ancora la filastrocca in rima per il libro illustrato, ma non riesco a trovare una soluzione su come disegnare a mano le illustrazioni; e, mi dicono dalla regia, un libro illustrato senza illustrazioni non sarebbe tale.
Se avessi uno stile mio – pulito e riconoscibile – potrei anche tentare la sorte e accontentarmi di qualche scarabocchio, ma se abbozzassi qualsiasi cosa temo che uscirebbe uno sgorbio che nemmeno un bambino delle elementari disegnerebbe.
Credo proprio che questo progetto rimarrà incompiuto ancora per parecchio tempo.

A breve, umore e tempo permettendo, inizierò un nuovo romanzo. Più verosimilmente sarà un racconto, in quanto non credo che inserirò personaggi secondari né intrecci narrativi.
L’argomento sarà la follia: quella del protagonista. Che poi è anche un po’ la mia.
Certo, lo scriverò. Forse, lo pubblicherò. Questo, ancora meno degli altri, sarà un racconto che nessuno/a di voi vorrà leggere. Lo so per certo.

Vittorio Tatti