E giunsero le tenebre

Tra le condizioni meteorologiche che preferisco senza dubbio ci sono la nebbia fitta e la nuvolosità densa e compatta (anche senza pioggia o neve). Adoro sentirmi avvolto dall’oscurità, sincronizzare il mio buio interiore con l’ambiente esterno, ammantarmi di tetro e spettrale silenzio. Le atmosfere che a molti potrebbero evocare la morte mi fanno sentire vivo, mi esaltano, mi estasiano.
In passato mi sarebbe piaciuto tantissimo frequentare una ragazza che avesse questa particolare inclinazione, ma non mi è mai capitato di trovarne una disponibile. Per un po’ provai a frequentare, inutilmente, ambienti virtuali nei quali avrei potuto conoscere ragazze gothic lolita, quelle con lo stile dark e funebre.
Il termine lolita non tragga in inganno: lo stile non implica tassativamente una giovane età. Si tratta più che altro di un modo di truccarsi con tonalità scure e indossare abiti, anch’essi scuri, in stile vittoriano.
A patto che non siano testati sugli animali, provo ancora adesso una forte attrazione nei confronti di delineatori per gli occhi, ombretti, rossetti e smalti neri, viola o blu scuro, ancora di più se in contrasto con una carnagione chiara (vade retro l’abbronzatura).

L’adorazione per le tenebre non ha niente a che fare con i satanisti, anzi: non potrei mai frequentare gente che sacrifica animali. Tuttavia è anche vero che questa predilezione per l’oscurità si collega anche con la mia passione per l’occulto, il paranormale e il mistero. Tutte cose in cui non credo, ma che mi attraggono per l’atmosfera di spavento e macabro che circonda tali tematiche.
Fin da bambino sono sempre stato appassionato di film dell’orrore e gialli per la medesima ragione. Adoravo le pellicole della Hammer (casa cinematografica britannica) e le atmosfere lugubri e claustrofobiche nelle quali mi sarei voluto immergere non solo con la mente, ma anche con il corpo. In quei film era quasi scontato che recitasse il duo di attori Peter Cushing e Christopher Lee.
Da bambino gradivo abbastanza anche i cosiddetti gialli all’italiana di Dario Argento, Lucio Fulci e Mario Bava. Adesso non vanno più incontro ai miei gusti perché li trovo troppo artigianali, con effetti speciali grezzi e buchi nelle sceneggiature, oltre a presentare una recitazione amatoriale e una ripetizione degli schemi troppo marcata.

Da ragazzino quella mia passione per l’orrore divenne dirompente.
Iniziai a leggere i romanzi di Stephen King (tappa obbligatoria per i nerd della Generazione X) e i racconti di Edgar Allan Poe e Arthur Conan Doyle, più qualche altro romanzo trovato per caso (tra i quali L’esorcista, Il presagio e Rosemary’s baby).
Curiosamente non ebbi mai modo di leggere Howard Phillips Lovecraft: lacuna che mi trascino dietro ancora adesso, sebbene la mia libreria personale contenga una raccolta completa di tutti i suoi scritti e il Necronomicon in formato monografico.
In ambito televisivo non perdevo una sola maratona notturna. Dalla seconda serata di sabato fino alle 4 o alle 5 di domenica mattina la televisione era sotto il mio dominio. Anche il ciclo Notte horror mi teneva compagnia per molte notti all’insegna della paura, a maggior ragione quando si scatenava un temporale estivo.
Nei primi anni ’90 non avevamo Internet e il telefono fisso non sempre era utilizzabile fino a tarda ora. Per sopperire all’assenza di comunicazione in tempo reale a distanza utilizzavamo le ricetrasmittenti per radioamatori. Il mio amico aveva un bell’impianto fisso, mentre io utilizzavo un radio portatile che consumava parecchie batterie stilo.
Quando molti miei coetanei (amico incluso) si sballavano cantando a squarciagola le canzoni del Festivalbar, io non vedevo l’ora che quell’immonda porcata musicale estiva finisse per fare spazio a Notte horror. A quel punto m’interessava solo isolarmi da tutto e tutti e godermi il film in santa pace.
Facevano eccezione solo Bellezze al bagno e Giochi senza frontiere, anche perché si vedevano ragazze attraenti in costume di bagno.

I film della Hammer puntavano maggiormente sulla paura psicologica, mentre i gialli all’italiana e molti film trasmessi su Notte horror si concentravano sugli assassini seriali (dando vita al sottogenere chiamato slasher). Li guardavo con passione per l’atmosfera opprimente e la tensione generata, ma non suscitavano in me alcuna sensazione di paura.
Già all’epoca la mia preferenza era maggiormente indirizzata su un altro tipo di orrore: quello della possessione demoniaca (ai danni degli umani, delle case o di oggetti vari). Quello non mi lasciava del tutto indifferente.
Può sembrare strano che ne fossi attratto fin da bambino, ma potevo ancora ritenermi un credente per via del solito lavaggio del cervello operato dalle maestre del catechismo. Ora che sono adulto, e soprattutto ateo, dovrebbe stupire maggiormente.
Non credo in niente e in nessuno, se non nella capacità dell’essere umano di mentire e fare del male. Eppure la tematica demoniaca occupa uno spazio di rilievo nella mia collezione di libri, film e videogiochi.
L’esorcista era, è e probabilmente sarà il mio film dell’orrore preferito per diverse ragioni. La prima volta che lo vidi non arrivai ai titoli di coda perché l’indomani sarei dovuto andare a scuola (ero ancora un bambino, quindi non avevo molta voce in capitolo). Però aveva impresso un marchio indelebile nella mia mente. Riuscii a guardarlo interamente qualche anno dopo, quando andavo alle medie.
Da allora lo visiono a intervalli irregolari, sebbene per forza di cose non riesca più a impressionarmi come fece le prime due volte.

Non molti anni fa partecipai a un paio di convegni sull’argomento (più che altro per trarre ispirazione per i miei scritti) e avrei voluto anche inoltrare richiesta per assistere a un esorcismo in prima persona. Poi lasciai perdere per il troppo impegno richiesto.
Non mi porrei alcun problema etico e morale a mentire fingendomi un credente (requisito essenziale, forse per turlupinare meglio i partecipanti), ma sono consapevole anche della perdita di tempo alla quale andrei incontro: non nutro alcun morboso interesse nell’assistere alle farneticazioni e alle convulsioni di gente in preda a deliri, psicosi e attacchi di schizofrenia. Di certo non vedrei teste che ruotano o corpi che levitano.
Per la medesima ragione non ho mai nemmeno partecipato ai cosiddetti ghost tour. Do già per scontato che m’imbatterei in qualche truffa o raggiro nel tentativo di convincermi dell’esistenza di entità demoniache. Mi spiace, ma non ci credo.
Talvolta la notte sento dei rumori strani e molesti, ma si tratta solo di capire quale dei miei undici gatti sia stato a provocarlo. Chi ha dei gatti penso che possa capire.

Anche se da bambino ero più influenzabile (altrimenti avrei tentato di oppormi ai rituali superstiziosi della comunione e della cresima), davo già prova di scetticismo durante le sedute spiritiche.
Ricordo che, quando ero bambino, talvolta mia madre e qualche mia zia e cugina s’intrattenevano in quello che chiamavo ingenuamente “il gioco del bicchiere”. Non era nient’altro che una tavola ouija fatta in casa.
Capivo subito che, a muovere il bicchierino in plastica, era il dito di mia cugina. Le poche volte in cui mi fu concesso di partecipare avvertivo chiaramente la pressione del dito. Ebbi anche parecchie volte la dimostrazione dell’esistenza del niente quando ci giocavo da solo e il bicchierino rimaneva immobile sul tavolo.
Sempre quando ero bambino, un giorno tentai di evocare direttamente Satana prendendo in mano la Bibbia. Pronunciai queste esatte parole (le ricordo con estrema precisione): “Satana, ci sei?”. Per pura coincidenza una folata di vento fece sbattere con forza una persiana. Riposi velocemente la Bibbia per lo spavento, ma la volta successiva ritentai l’operazione e non successe niente. Come volevasi dimostrare…
Non dico cos’avrei chiesto a Satana se si fosse presentato realmente al mio cospetto, ma posso assicurare che non sarebbe stata un’esperienza piacevole per le persone che avrei chiamato in causa. Non per niente ho scritto evocare e non invocare. Non volevo mettermi in comunicazione con Satana: volevo che si manifestasse dinanzi ai miei occhi ed esaudisse le mie richieste.

Perché mi affascinano i fenomeni paranormali e le manifestazione demoniache, se non credo nella loro esistenza? Forse è proprio questo il motivo: una parte di me vorrebbe che fosse tutto vero, che qualcosa di inspiegabile andasse oltre la banalità dell’essere umano e ne ridimensionasse l’arrogante esistenza.
Che poi, a pensarci bene, di misteri affascinanti ce ne sono in abbondanza. Com’è nato l’universo? Che fine farà? Perché è fatto così e non in un altro modo? Perché c’è così tanto spazio vuoto inutilizzato? Esiste qualcosa oltre lo spazio occupato? Quante dimensioni ci sono? Quante altre forme di vita esistono? Il concetto di multiverso è plausibile? Sono possibili i viaggi nel tempo? Siamo parte di un’elaborata simulazione?
Penso che a molte di queste domande, se non a tutte, non riusciremo mai a trovare una risposta inconfutabile che vada oltre qualche verosimile speculazione, ipotesi o teoria.
Rimanendo nei nostri confini terrestri, invece, mi sento di dire che tutta la mitologia religiosa espressa nel corso dei millenni dimostra solo una cosa: se Dio esistesse davvero non sarebbe un’entità buona, avendo creato l’essere umano. E sarebbe Satana ad avere paura di noi, non il contrario.

Vittorio Tatti

Animanera

Giustamente non ve ne fregherà niente, ma è disponibile su Amazon e altre librerie online la mia nuova raccolta poetica: Animanera.
Nutrivo da tempo l’idea di pubblicarla, ma prima ho preferito dare la precedenza al romanzo L’ultima impronta sulla terra in quanto era già pronto da un anno e mi stavo stancando di procrastinare a oltranza.
Titolo, copertina e sinossi dovrebbero dare una chiara idea del tipo di contenuto della raccolta, quindi non mi dilungherò oltre. In ogni caso allontanate da voi qualsiasi speranza di leggere versi su fiori, arcobaleni, fate, unicorni, amicizia, inclusività, etc.
Finalmente mi sono tolto anche questo peso dalle (s)palle. Non scrivere: quello non è mai un peso. Convertire un semplice testo per il formato epub è, invece, una rogna galattica. Sia sempre maledetto chi ha inventato quell’orrendo formato.

Allo stato attuale mi rimane da pubblicare ancora la filastrocca in rima per il libro illustrato, ma non riesco a trovare una soluzione su come disegnare a mano le illustrazioni; e, mi dicono dalla regia, un libro illustrato senza illustrazioni non sarebbe tale.
Se avessi uno stile mio – pulito e riconoscibile – potrei anche tentare la sorte e accontentarmi di qualche scarabocchio, ma se abbozzassi qualsiasi cosa temo che uscirebbe uno sgorbio che nemmeno un bambino delle elementari disegnerebbe.
Credo proprio che questo progetto rimarrà incompiuto ancora per parecchio tempo.

A breve, umore e tempo permettendo, inizierò un nuovo romanzo. Più verosimilmente sarà un racconto, in quanto non credo che inserirò personaggi secondari né intrecci narrativi.
L’argomento sarà la follia: quella del protagonista. Che poi è anche un po’ la mia.
Certo, lo scriverò. Forse, lo pubblicherò. Questo, ancora meno degli altri, sarà un racconto che nessuno/a di voi vorrà leggere. Lo so per certo.

Vittorio Tatti